Il caso Lavorini

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Il caso Lavorini

titolo originale:

Il caso Lavorini

produttore:

paese:

Italia

anno:

2023

durata:

90'

formato:

colore

status:

Pronto (07/03/2023)

A Viareggio sono le 14:30 di venerdì trentuno gennaio 1969. Prima di uscire, in sella alla sua Aquila rosso fiammante, Ermanno Lavorini, dodici anni, saluta come ogni volta la madre e le dice che starà fuori poco, un'oretta al massimo, ché poi dovrà fare i compiti.
Tre ore più tardi, alla famiglia già spaventata per l'inspiegabile ritardo del figlio, giungerà una breve telefonata: “Ermanno non tornerà a casa, anzi ritorna dopo cena. Dica a suo padre di preparare quindici milioni e di non avvertire la polizia”. Inizia così il primo caso di rapimento di un minore in Italia e terrà il Paese col fiato sospeso dando il via a una caccia alle streghe feroce e spietata.
Le ricerche non danno esito finché, circa un mese dopo, viene ritrovato il cadavere di Ermanno sulla spiaggia di Marina di Vecchiano. Da quel momento, le indagini condotte dai carabinieri si ostinano a seguire ciecamente un'unica pista: il delitto deve essersi consumato nell’ambito della Pineta di Viareggio, frequentata dai bambini di giorno e caratterizzata da un giro di prostituzione, perlopiù maschile, di notte.
I giornali e le televisioni fanno propria questa ricostruzione e la caccia al mostro tiene banco sulle testate nazionali e locali per mesi. Viareggio, la solare, carnevalesca Viareggio diventa una città di frontiera, in preda alla tensione, al sospetto, dove chiunque è un possibile indiziato.
Ed è in questo clima che la roulette del sospetto colpisce altri due innocenti: Adolfo Meciani, imprenditore in vista, è il primo a essere accusato di avere una doppia vita e di avere a che fare con l’omicidio e, dopo esser stato ingiustamente arrestato, muore suicida. Lo stesso trattamento spetta anche a Giuseppe Zacconi, figlio del famoso attore Ermete, che viene stroncato da un infarto dovuto allo stress.
Ma è un giornalista, Marco Nozza, a capire, per primo, che forse le cose non stanno esattamente come vengono raccontate. Che forse la pista della pineta è solo un modo per sviare le indagini. Lo intuisce parlando con uno dei primi sospettati, Marco Baldisseri, che porta al petto una spilla del Fronte Monarchico Giovanile, un’organizzazione politica di destra appena costituita a Viareggio.
E al Fronte Monarchico Giovanile appartengono anche gli altri ragazzi (Rodolfo Della Latta e Pietro Vangioni) che vengono interrogati cambiando innumerevoli volte le proprie versioni tenendo sotto scacco l’intera indagine e additando di volta in volta persone innocenti.
Una parte di verità impiegherà molto tempo e diversi gradi di giudizio per emergere: Ermanno è stato rapito a fini estorsivi, per finanziare col riscatto proprio quel Fronte Monarchico Giovanile, ma durante una colluttazione con i suoi rapitori è morto. Baldisseri, Della Latta e Vangioni vengono condannati al carcere con l’accusa di omicidio preterintenzionale.
Innumerevoli, però, restano le zone d’ombra di questo caso su cui, a distanza di oltre cinquant’anni, non è ancora possibile fare luce.

Note di regia

“Viareggio 1969” è il racconto di un rapimento, di una sequela di calunnie e della caccia al mostro senza scrupoli. È allo stesso tempo la vicenda di un singolo omicidio con “tre vittime” e di un depistaggio politico. Nel docufilm, attraverso la vicenda di Ermanno Lavorini, si narra di un passaggio epocale per Viareggio e per l’Italia intera, ma soprattutto, del primo esempio di distorsione della realtà attraverso i media.
Lo studio e l’analisi del repertorio è il fulcro centrale dell’impostazione di regia. L’idea alla base delle interviste è quella di rendere i protagonisti del docufilm narratori e spettatori allo stesso tempo. Per questo, tutte le interviste sono state realizzate mettendo in campo una tv, una radio, foto e giornali d’epoca, con lo scopo di far “immergere” nei fatti gli intervistati, ottenendo un racconto caldo e partecipato. Un meccanismo utile anche allo spettatore che permette più chiaramente di calarsi nella stessa atmosfera dell’epoca, quando giornali e tv alternavano verità mutevoli e distorte.
Si è scelto di girare tutte le interviste in un luogo simbolico per Viareggio: La cittadella del carnevale, all’interno degli hangar in cui annualmente si costruiscono carri allegorici giganteschi. Insomma un luogo di gioia per un racconto amaro. Nelle interviste però, gli hangar semi vuoti, svuotati della gioia del carnevale, proprio come successe all’ora, nei giorni della scomparsa del piccolo Ermanno, quando la città si apprestava a vivere un carnevale diverso, privo di uno dei suoi bambini.
La macchina da presa si muove tra i luoghi, i protagonisti e i repertori sempre in modo pulito ma quasi mai statico, facendo ampio uso di carrelli e di riprese in slowmotion come ad esasperare nel racconto e nelle immagini la sospensione del tempo e della verità. Il ricorso alle ricostruzioni avviene solo per dar vita al racconto meno conosciuto, quello delle stanze di chi indagò e portò questa storia nel fango e nella confusione cercando di muovere ingranaggi distorti.
Qualcuno ha definito il caso Lavorini come “l’infanzia delle stragi”, altri come l’inizio della “strategia della tensione”, ed è sul filo di una costante tensione narrativa che si snoda il docufilm, attraverso un montaggio ritmico seguito da una colonna sonora carica di tensione e sospensione.