Lupo mannaro

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Lupo mannaro

Lupo mannaro

“Lupo mannaro”, uno psico-thriller, è la storia del commissario Romeo (Gigio Alberti) e della sua ossessiva caccia a quello che crede essere un serial killer: l’insospettabile ingegner Velasco (Bruno Armando). Nessuno crede alla teoria di Romeo, il sospettato è un uomo troppo in vista, troppo per bene, molto potente e l’indagine non viene autorizzata.
L’ispettore è ostinato e continua ad indagare con l’aiuto della giovane, determinata assistente Grazia Negro (Maya Sansa) e del fidato amico Rago (Stefano Dionisi), un ispettore della polizia scientifica. Si presta ad alcune consulenze anche il noto criminologo Del Gatto (Francesco Carnelutti), che vive ritirato in un paesino sui colli bolognesi già da alcuni anni, da quando sbagliò clamorosamente il profilo psicologico del mostro di Scandicci.
Da un lato quindi si muove l’anomala squadra – che non può agire ufficialmente – seguendo differenti piste e ottenendo sempre più conferme sulla colpevolezza di Velasco. Sul fronte opposto, lo scaltro ingegnere sferra il contrattacco, riuscendo ad invalidare prove, a insabbiare indizi servendosi della propria influenza ma, soprattutto, di un’acuta intelligenza che gli consente di prevenire ogni mossa dell’avversario.
Più volte il commissario si troverà in un vicolo cieco, ma non abbandonerà il caso, per testardaggine, per vocazione. Vocazione che condivide soprattutto con la sua assistente divenuta giorno dopo giorno sua unica confidente, grazie anche all’attrazione che la ragazza nutre per il commissario.
Il caso si trasforma sempre più in una sfida personale tra Romeo e Velasco, in un’immaginaria partita a scacchi nella quale gli sfidanti si trovano a dover scegliere strategie, ora in attacco, ora in difesa, sempre mirate a spiazzare l’avversario lasciando, fino all’ultima mossa, l’incertezza della vittoria.
Per il colpo di scena finale sarà decisiva la determinazione di Grazia, determinazione sostenuta anche dal non più segreto amore per il suo superiore Romeo.
Tratto dal romanzo omonimo di Carlo Lucarelli.