Moravia Off

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Moravia Off

Moravia Off

titolo originale:

Moravia Off

regia di:

cast:

Bernardo Bertolucci, Citto Maselli, Andrea Andermann, Mohsen Makhmalbaf, Alexander Von Keyserlingk, Jina Kim, Lara Maamoun, Werner e Rocco Waas, Julia Kempa, Wei Ji, Shen E Mei, Ralf Meyer-Ohlenhof

paese:

Italia

anno:

2017

durata:

75'

formato:

colore

status:

Pronto (10/10/2017)

premi e festival:

  • Festa del Cinema di Roma 2017: Preaperture
  • Nastri d’Argento 2018: Menzione speciale della Giuria per i Documentari
  • Festival dei Due Mondi di Spoleto2018: Cinema e psicoanalisi
  • Asiatica Film Festival 2019

“Moravia Off” utilizza la poetica di un grande scrittore italiano per generare racconti in giro per il mondo, dall’Africa “nera” all’Egitto, dalla Polonia alla Cina, dalla Germania all’Iran, dalla Francia alla Corea del Sud, attraverso persone qualunque e personaggi noti che trasformano la propria relazione con l’autore o con la sua opera nel pretesto per raccontare frammenti di un luogo, di un vissuto, di una condizione, con immagini, parole, silenzi.
Si snoda, così, un filo intimo ed emotivo che, seguendo il flusso dell’immaginazione, permette a un’opera letteraria “straniera” di trasformarsi in una lente attraverso cui guardare lo spazio di mondo in cui si vive, che sia la claustrofobica stanza di una ragazza o i palazzi anonimi di una città “estranea”; confessare i propri fantasmi nel tragitto in macchina con un figlio o esplorare i luoghi della banalità quotidiana come se fossero piccoli regni fantastici.
Si compone, in questo modo, un paesaggio visivo fatto di sguardi in soggettiva e racconti in prima persona, di frammenti d’archivio dell’Istituto Luce e repertori cinematografici, televisivi e teatrali, attraversato “a vista” sfruttando il linguaggio degli smartphones e della web-cam, delle camere amatoriali e del discorso diretto, per sperimentare il senso del vedere e l’impulso umano a raccontare.

NOTE DI REGIA:
Il film procede per “finestre di racconto” che si aprono e chiudono come in una staffetta, attraverso l’analogia con le parole di uno scrittore ma senza cercare la divulgazione della sua opera né la presentazione della sua biografia. Al contrario, gli spunti forniti da Moravia, sempre in prima persona, sono utilizzati per creare una tensione tra “punti di vista”: l’autore diventa una sorta di deus ex machina ma davanti, invece che dietro le quinte.
La scommessa è stata quella di raccontare e far raccontare, attraverso immagini e parole, persone straniere e in vari paesi del mondo scelte soltanto in base a una relazione pre-esistente con l’opera di Moravia (una traduzione, un’ispirazione, un’identificazione, un adattamento), spingendole e guidandole a utilizzare loro stesse, in modo amatoriale, un mezzo di ripresa che restituisse anzitutto una dimensione soggettiva, diretta, di nuovo in prima persona. Si è cercato, in questo modo, di produrre un nuovo racconto, di re-inventare una storia “vera”, partendo da una realtà esistente, sebbene ancora inespressa. Tramite sia la regia che la “tele-regia” (guidando in parte a distanza i vari protagonisti lungo settimane di lavoro), il documentario – invece di “osservare” persone o situazioni“ – crea” la situazione stessa che documenta: la potenzialità del vedere, il ruolo dell’immaginazione, il bisogno di raccontare storie, la disposizione alla meraviglia, anche per la banalità del quotidiano, come premessa di ogni narrazione. Con un costante riferimento anche al rapporto profondo tra cinema e scrittura.
Insieme alla voglia di raccontare l’universalità della letteratura e dell’immaginazione nonostante le distanze di tempo e di spazio, lo spunto è stato anche di valorizzare la tendenza planetaria a filmare o fotografare se stessi e tutto, grazie alla diffusione degli smartphones, provando a incanalarli in un racconto, in un percorso soggettivo che guardasse anche “fuori”, che fosse antidoto all’indifferenza o alla mera apparenza.
Le “finestre di racconto” sono anche questo: praticando volutamente il mescolamento dei linguaggi, compresa la forma “amatoriale” e spontanea, sebbene guidata, e procedendo attraverso “frammenti”, il film lavora su finestre di immagini, sfruttando il formato degli smartphones e intrecciandolo con i formati in 4:3 del repertorio LUCE e dell’archivio RAI: l’effetto è quello di un continuo rimando tra sequenze di repertorio e sequenze originali, con un gioco di specchi tra immagine filmica e immagine filmata qui e ora; tra documento audiovisivo e film documentario.