titolo originale:
Ombre dal fondo
titolo internazionale:
The war within
regia di:
cast:
Domenico Quirico
sceneggiatura:
fotografia:
montaggio:
produzione:
Frenesy, Rai Cinema, con il contributo del Ministero della Cultura, Film Commission Torino Piemonte
paese:
Italia
anno:
2016
durata:
73'
formato:
colore
status:
Pronto (04/08/2016)
premi e festival:
Domenico Quirico, inviato del quotidiano «La Stampa», rapito in Siria l'8 aprile 2013 e liberato dopo 152 giorni di prigionia, rievoca la propria vita spesa a collezionare frammenti di vite altrui e ridiscende nel pozzo in cui il suo destino si fonde con quello dei protagonisti dei suoi racconti. La voce di Quirico ci accompagna a ricostruire quel momento e ci conduce lungo le traiettorie oggetto della sua narrazione. Accanto alla parola che costruisce il tessuto narrativo del film, ci sono le immagini del reporter in azione. Per la prima volta il giornalista accetta di condividere la sua esperienza sul campo: prima lungo il fronte russo-ucraino, poi nel viaggio di ritorno verso i luoghi della propria prigionia in Siria. Il luogo «dove tutto è cominciato e tutto è finito». Perché «il ritorno non è a casa, il ritorno è qui».
NOTE DI REGIA:
Ho pensato a Domenico Quirico come voce e volto di questo film quando era prigioniero in Siria. E non ho smesso di farlo quando è stato liberato.
La personalità di Quirico è unica nel giornalismo italiano. La qualità del suo racconto, la profondità della sua partecipazione alle vicende di cui dà conto, vanno oltre il valore informativo degli articoli pubblicati sul giornale. Quirico è al 100% giornalista perché ha sposato l’etica della professione e i modi di investigazione che le sono propri, ma è anche e soprattutto un indagatore della condizione umana.
Insieme abbiamo deciso di filmare una serie di conversazioni. Fino a decidere di partire per uno dei fronti che l’inviato della Stampa ha raccontato nel corso della sua carriera: l’Ucraina e il conflitto con i ribelli filo-russi. Mentre il dialogo proseguiva l’idea, la necessità, del ritorno nei luoghi che erano stati teatro della sua cattura e della sua prigionia, ha cominciato a rendersi evidente. Insieme alle contraddizioni che questo avrebbe comportato. Il senso di colpa verso le persone amate, la frustrazione per le nuove modalità operative cui un “sorvegliato speciale” deve inevitabilmente conformarsi, la paura che quel ritorno e quei luoghi non contenessero alcuna risposta e non restituissero «altro che silenzio».
Parola e azione si specchiano nel film: il modus operandi del reporter sul campo rivela come il suo sguardo nel corso degli anni si sia formato e come si sia posato sugli eventi e sugli uomini che ne sono stati artefici e protagonisti. Includendo, inevitabilmente, se stesso e il proprio percorso esistenziale nel quadro finale.