Uno per tutti

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Uno per tutti

Uno per tutti

titolo originale:

Uno per tutti

titolo internazionale:

One for all

sceneggiatura:

Mimmo Calopresti, Monica Zapelli, dall'omonimo romanzo di Gaetano Savatteri

fotografia:

scenografia:

produttore:

produzione:

paese:

Italia

anno:

2015

durata:

85'

formato:

colore

uscito il:

26/11/2015

Un ragazzo di buona famiglia riduce in fin di vita un altro adolescente, che ora lotta tra la vita e la morte.
Il cerchio che si era rotto molti anni prima si riapre drammaticamente.
Un crimine che riunisce, dopo trent’anni di lontananza, tre amici chiamati a saldare i conti con il proprio passato, inchiodati alle proprie colpe dal padre del giovane indagato che presenta il conto ai suoi amici.
Nessuno di loro potrebbe essere lì con un presente sereno tra le mani, senza il suo sacrificio di trent’anni prima. In una Trieste affascinante e oscura i tre amici si ritrovano perseguitati dal ricordo di un episodio tragico della loro infanzia, dallo spettro di un'amicizia tradita, dal mondo di violenza e di emarginazione che li circondava.
Storie raccontate come un puzzle, dove la vita delle persone cambia a partire da un evento che ne lega per sempre i destini.
“Uno per tutti” è un noir esistenziale che descrive i lati più oscuri della vita umana e li illumina di speranza e di perdono.
Un racconto che mette insieme gli adulti e gli adolescenti. Due mondi che sono destinati a non incontrarsi se non per un attimo per dirci che diventare responsabili della propria esistenza è la sola strada possibile.

NOTE DI REGIA:
Il film è scritto partendo da un plot molto classico del cinema internazionale, un fatto del passato che si ripresenta ai suoi protagonisti ora adulti.
Quei ragazzini, tutti provenienti da famiglie immigrate al nord negli anni ’70, che trovavano nella banda di quartiere il loro momento aggregante per riuscire ad affrontare la vita di comunità e il rapporto con gli adulti.
In un primo momento, tutta la parte che riguardava la loro infanzia e la vita delle loro famiglie al nord era sviluppata come una vera epopea dell'immigrazione e degli anni d'oro del boom economico. Ma l'impossibilità di raccontare quel passato degli anni ’70, con un budget produttivo limitato, mi ha portato a riconsiderare quell'impatto narrativo.
Ho scelto, quindi, di raccontare solo la parte centrale che riguarda l'avvenimento principale della loro esistenza: un gioco stupido, ispirato ad un film di successo di quegli anni, “Il Cacciatore”, finito tragicamente.
Quel momento ha cambiato le loro esistenze e probabilmente li ha legati per sempre.
Gil, il capo del gruppo, che da solo si era assunto la responsabilità di quella bravata, oggi chiede l’aiuto dei suoi vecchi amici per salvare Teo, suo figlio.
Il loro legame resisterà a questa richiesta drammatica? Faranno la scelta giusta anche per quel riguarda la vita di Teo, giovane e ancora immaturo?
Il senso di responsabilità è il tema centrale di questo mio film.
Tratto dall’omonimo romanzo di Gaetano Savatteri, la storia è stata riadattata a Trieste, una città che insieme al grande fascino del passato mantiene ancora una struttura industriale, che la rende operosa e ricca di contraddizioni: un paesag-gio sentimentale dell'infanzia, quindi il luogo adatto per un racconto tra passato e presente.
La scelta di girare, per la prima volta, un film in digitale e non in pellicola è scaturita da un lungo lavoro di ricerca con il direttore della fotografia, per individuare una macchina con una profondità di campo necessaria al racconto visivo del film. La mia scelta stilistica è stata quella di costruire un film veloce, come è veloce la vita dei nostri protagonisti, e la velocità con cui devono prendere le loro decisioni.