Los sin voz

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Los sin voz

Los sin voz

titolo originale:

Los sin voz

fotografia:

produzione:

Nacne, Rielo Institute for Integral Development

distribuzione:

paese:

Italia / USA

anno:

2018

durata:

60'

formato:

colore

status:

Pronto (01/09/2018)

Long Island, New York. Gli immigrati da El Salvador sono la maggiore comunità straniera presente sull’isola. Nel 2017 l’Amministrazione Trump ha abolito il Temporary Protected Status (TPS), il permesso di soggiorno che dal 2001 ha consentito a 200.000 salvadoregni di restare e lavorare negli USA. Uomini e donne che vivono negli States da oltre 20 anni e hanno figli cittadini americani saranno costretti a lasciare il paese entro il 9 settembre 2019 o verranno rimpatriati a forza. Una vera e propria deportazione, che spezza senza riguardo nuclei famigliari, separa mariti e mogli, genitori e figli, e spesso equivale a una condanna a morte.
Non è stato facile realizzare questo documentario. Ci sono voluti 3 anni di sopralluoghi e ricerche per trovare i protagonisti e conquistare la loro fiducia. Quando ho iniziato a girare, il dolore sembrava soprattutto legato al passato. Ora il terrore è presente: in un momento possono perdere tutto, la vita stessa.
I nostri protagonisti: Luis, Rosa, Ernesto, Maria e Jinmer sono arrivati a Long Island in tempi diversi, i primi fuggendo da una guerra civile, dalla miseria, dalla devastazione di un terremoto; il più giovane, Jinmer, come tanti bambini che oggi affrontano da soli il pericoloso “camino” verso il Nordamerica, per il timore di essere reclutato a forza dalle pandillas o Maras, le gang criminali che si contendono il territorio con estorsioni, stupri, omicidi, massacri cruenti e insensati, fuori da ogni controllo del governo locale.
Luis, Rosa, Ernesto, Maria e Jinmer rappresentano Los sin voz, i “senza voce”, che hanno rischiato il deserto, hanno conosciuto gli omicidi, l’orrore, hanno visto morire lungo il cammino verso gli Usa amici, figli, genitori. Nei loro occhi restano impresse cose che non dimenticheranno. Una volta arrivati, sono stati sfruttati, malpagati, discriminati. Ma sono rimasti. Niente, nessun dolore, né la trappola dell’alcolismo, né la morte nel cuore per un figlio che non c’è più o per una figlia sequestrata o una moglie desaparecida, niente ha fermato il loro cammino di dignità e di fede: il desiderio di conquistare un pezzetto di sogno americano, se non per sé, almeno per i propri figli.
Il decreto di Trump li ha riconsegnati bruscamente a una vita di paura, nella speranza di una proroga che forse non arriverà. Molti continueranno a vivere negli USA da illegali, invisibili come fantasmi, piuttosto che tornare in un paese dove letteralmente non c’è futuro.