titolo originale:
Interdit aux chiens et aux italiens
titolo internazionale:
No dogs or Italians allowed
regia di:
cast:
Ariane Ascaride, Alain Ughetto
sceneggiatura:
fotografia:
Fabien Drouet, Sara Sponga
animazioni:
Elie Chapuis, Marjolaine Parot
produzione:
Les Films du Tambour de Soie, Vivement Lundi !, Foliascope, GraffitiDoc, Lux Fugit Film, Nadasdy Film, con il contributo del Ministero della Cultura, con il sostegno di CNC, Centre du Cinéma et de l'Audiovisuel de la Fédération Wallonie-Bruxelles, Office Fédéral de la Culture, Eurimages, Film Commission Torino Piemonte
distribuzione:
vendite estere:
paese:
Francia/Italia/Belgio/Svizzera/Portogallo
anno:
2022
durata:
70'
formato:
colore
uscito il:
31/08/2023
genere:
animazione
premi e festival:
In un’affascinante animazione in stop motion con pupazzi, la storia vera di Cesira e Luigi, una coppia di emigranti italiani che negli anni ’20 fuggono la miseria delle vallate alpine italiane per fondare una famiglia in Francia. Il racconto necessario di quando eravamo noi quelli a cui era vietato l’ingresso.
NOTE DI REGIA:
Prima di morire, mio padre mi ha parlato di un villaggio in Piemonte i cui abitanti avrebbero tutti il nostro cognome. Incuriosito dall'origine misteriosa di questo cognome, sono andato sul posto, dall'altro lato delle Alpi, a Ughettera, “la terra degli Ughetto”. Chi erano queste persone? Come hanno vissuto? Che cosa le ha fatte andar via e dove sono andate?
Grazie alle testimonianze di contadini piemontesi nati alla fine del XIX° secolo, rievoco il percorso di mio nonno, nato nello stesso luogo e nello stesso periodo, ed emigrato in Francia come migliaia d'altri italiani. E nel mio studio ridò vita a questo mondo scomparso, questa civiltà contadina che era quella dei miei nonni, il “ mondo dei vinti”, come lo chiama Nuto Revelli che ne ha raccolto le ultime parole.
Mettendo le mani nella pasta modellabile, ritrovando i loro gesti di lavoro, di vita, di sopravvivenza, mi interrogo sul lavoro stesso delle mie mani. Che cosa mi resta di loro, delle loro tecniche, del loro saper fare, dei loro paesaggi, della loro lingua, del loro immaginario? Che cosa è ancora vivo, in me, di questo mondo scomparso?