Radici - Viaggio alle sorgenti della musica popolare italiana

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Radici - Viaggio alle sorgenti della musica popolare italiana

Radici - Viaggio alle sorgenti della musica popolare italiana

titolo originale:

Radici - Viaggio alle sorgenti della musica popolare italiana

cast:

Ambrogio Sparagna, Anna Rita Colajanni, Francesca Trenta, Caterina Pontrandolfo, Orlando Mascia, Tenores de Neoneli, Antonio Gramsci Jr., La Squadra, Mauro Manicardi, Corrado Perazzo, Alessio Ambrosi, Walter Brunetto, Egildo Simeone, Annalisa Bini, Alan Lomax

produzione:

vendite estere:

paese:

Italia

anno:

2019

durata:

75'

formato:

colore

status:

Pronto (28/05/2019)

Ci sono due film che in RADICI si intersecano: uno, a colori, sulla musica popolare italiana di oggi, quella che più mantiene vive le proprie origini e funzioni identitarie; uno, in bianco e nero, sulla musica popolare del passato, che si avvale del repertorio dell’Istituto LUCE per ripercorrere alcune delle tappe del viaggio in Italia che Alan Lomax e Diego Carpitella fecero nel 1954-55, registrando e salvando tutto ciò che stava per scomparire nella vorticosa trasformazione socio-economica del nostro paese sfociata nel boom economico degli anni ’60. Fondamentali, in questa ricostruzione, sono stati i documenti cartacei, fotografici e sonori, messi a disposizione dall’Accademia di Santa Cecilia, e il video del 1991, inedito, rintracciato negli archivi dell’Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia, nel quale Alan Lomax, a Roma, celebrò la collaborazione con Diego Carpitella, deceduto l’anno prima, e la loro amicizia mai interrotta. Del film a colori, sull’oggi, fa parte una iniziativa di Ambrogio Sparagna a sostegno delle popolazioni terremotate del Centro Italia nel 2016-2017, assumendone tradizioni, musiche e danze, per restituirle, vivificate, ai delusi, agli sfiduciati, agli stanchi e agli accaniti, incitandoli a non dimenticare le proprie radici nel costruire il futuro possibile. Del film a colori fa parte il suono ipnotico delle launeddas di Orlando Mascia e l’aggancio con una delle storie non scritte, ma edificate, delle nostre origini. Quella dei popoli del mare che provenivano dal medio oriente. Quella nuragica. E’ quella storia che ci ha fatto incontrare gli abitanti dell’isola e il cerchio dei loro passi danzanti. Su ballu tundu diventò la modalità corporea e il ritmo iniziatico che non ci ha più abbandonati. Launeddas e canto a tenore appartengono ad una polifonia analoga, come dice Tonino Cau, durante un frammento discorsivo che, nel film, precede un “levare” vertiginoso di Barones. I Tenores di Neoneli ce ne dettero ripetute dimostrazioni. Soprattutto a Ghilarza, per la presentazione del libro di Tonino Cau, in versi sardi, di GRAMSCI, un omine una vida, con la partecipazione, da musicista, di Antonio Gramsci jr., figlio di uno dei due figli che il nonno ebbe da Giulia Schutch durante il suo soggiorno nella Russia sovietica. Vasta è la capienza della musica sarda, che, al di là dell’intensità etnica e della sapienza esecutiva, sa diventare veicolo di formazione culturale. Del film a colori fa parte Genova, superbamente gotica, magnificamente rinascimentale e barocca, popolare e multietnica, approdo per container e raffinato presidio culturale, ancorchè incerta del proprio destino. In quella città si può ancora cogliere la persistenza del trallalero, il canto polifonico che Alan Lomax considerava tra i più belli del mediterraneo, se non addirittura il più bello, con quel contrappunto di cui sottolineava le provenienze medio orientali, caucasiche e perfino africane, dei pigmei, certamente tra i contributi sonori più efficaci del film. Del film in bianco e nero, ma intriso di colore, fanno parte le cave di marmo di Carrara, visitate da Alan Lomax nel 1954 per registrare il canto della lizza, quello che i cavatori intonavano nel trascinare a valle i blocchi di marmo su pali di legno, a rischio della propria vita, e che, oggi, sono uno spettacolo imponente, di natura aggredita e consumata, ma anche esposta, musealmente, come prodigio del fare umano, sempre a rischio di morte nonostante la tecnologia evoluta; ma anche la Lunigiana pontremolese, con le sue gighe di ascendenza nordica, alle quali aggiunge suggestioni il mistero plurimillenario delle statue stele. Il film trova la sua conclusione, a colori, oggi, sia con il carnevale e la tarantella di Montemarano, di cui, insieme ai danzatori e i musicisti del paese irpino, Sparagna esalta le qualità espressive, sia con la voce intensa della lucana Caterina Pontrandolfo che non ci fa dimenticare la grande raccolta antropologica ed etnomusicologica di Ernesto De Martino e Diego Carpitella, del 1952…