I am the revolution

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I am the revolution

I am the revolution

titolo originale:

I am the revolution

distribuzione:

paese:

Italia

anno:

2019

durata:

74'

formato:

colore

status:

Pronto (02/07/2019)

premi e festival:

  • NyDoc Film Festival

Selay è una leader, portavoce del partito della Solidarietà, laico e progressista, minacciata di morte dai talebani, la vedremo nel corso del documentario: litigare in tv con un islamista, prendere un aereo, raccontarci in mezzo alla neve della sua vita, presiedere una riunione di partito in una paesino di montagna, sedersi e incontrare una comunità di donne col burqa, raccontarci di suo padre, accogliere a Kabul una donna in fuga dalle minacce della famiglia, organizzare una manifestazione di piazza minacciata dagli attentati.
Yanar Mohamed è un architetto, viveva in Canada ma ha deciso di tornare in Iraq per fondare l'Organizzazione delle donne libere, un'associazione che organizza rifugi per tutte le donne che scappano dal delitto d’onore, dallo schiavismo, dalla tratta, Yanar viene ricevuta all’Onu e fa parte delle commissioni internazionali delle donne, ma nel suo paese l’attività che svolge è fuorilegge, la vedremo prima in piazza durante la prima manifestazione per l’8 marzo dopo più di vent’anni, poi nella sede della sua organizzazione in mezzo alle altre donne e uomini della sua organizzazione, la vedremo in casa raccontare la sua vita e poi insieme alle donne in un rifugio protetto dove le donne ricostruiscono la propria vita e fiducia in comunità, per avere un’altra chance.
Rojda è un soldato, più precisamente è il comandante generale delle Forze Democratiche Siriane, l’esercito curdo e arabo che ha conquistato Raqqa, la capitale dell’autoproclamato Stato Islamico; comanda 60mila uomini e donne combattenti e si coordina col comando americano suo alleato, incontreremo Rojda prima a Tabqa a pochi chilometri da Raqqa durante la conferenza stampa che annuncia l’imminente presa della città e poi sulla diga di Tabqa appena conquistata al nemico, con lei ci immergeremo nel mondo delle donne soldato curde, le milizie dello YPJ che combattono come gli uomini, ma si auto-gestiscono, ne conosceremo i ritmi di vita, di addestramento, di reclutamento e poi ancora il dolore nei funerali di quindici “martiri” della loro libertà. Queste tre donne sono l’esempio che nei tre paesi considerati più pericolosi e martoriati, Afghanistan, Iraq e Siria, dove le donne sono simbolo solo di discriminazione, esiste chi combatte con la politica, con l’esempio e anche con le armi per la democrazia.
Perché non c’è possibilità di cambiare le società e sconfiggere il fondamentalismo se non si comincia dalla parità tra uomo e donna e dalla libera scelta.