titolo originale:
Soldato Peter
titolo internazionale:
Private Peter
regia di:
cast:
Ondina Quadri, Sergio Bini aka Bustric, Peppe Servillo, Benedetta Barzini, Franz Stefani, Timea Saghy, Alice Raffaelli, Tamás Kolozsi, Ábel Hegyesi, Elena Radonicich, Paolo Cossi, Lele Piovene, Nicola Rigoni, Claudio Scudieri
sceneggiatura:
Gianfilippo Pedote, Giliano Carli, Enrica Carli
fotografia:
montaggio:
scenografia:
costumi:
musica:
produzione:
Jolefilm, Partner Media Investment, JUNO11 Pictures, Rai Cinema, con il contributo del Ministero della Cultura, con il sostegno di Trentino Film Commission
distribuzione:
paese:
Italia/Ungheria
anno:
2023
durata:
85'
formato:
colore
uscito il:
09/11/2023
premi e festival:
Altopiano di Asiago, 1918, pochi giorni prima della fine della Grande Guerra.
Un soldato austro-ungarico oltrepassa lo sbarramento delle linee nemiche. È molto giovane, è solo, spaventato. Attraversa l’altopiano senza incontrare anima viva, fatta eccezione per una pattuglia di soldati italiani in rotta che non sembra però prestargli molta attenzione.
La guerra sembra si sia spostata altrove: restano solo le tracce della devastazione che lascia al suo passaggio.
Il ragazzo alterna i pensieri angosciosi della terribile esperienza in trincea ad alcuni limpidi ricordi d’infanzia: la sua vita da pastore, la madre, l’amico Maty, morto in battaglia accanto al lui, che immagina di ritrovare nell’agognata isola in mezzo al mare, un regno che sta al di là mondo reale dove la guerra non esiste.
Nel suo cammino in quella terra nemica la paura che lo accompagna è mitigata da una presenza forte della natura, verso la quale nutre un rapporto di profonda appartenenza e di timoroso rispetto.
In effetti quel territorio straniero, con i suoi prati e i suoi boschi, gli pare del tutto simile alla sua terra, mentre nella fantasia sente esistere un conflitto sempre più evidente tra guerra e natura, due entità che prendono in lui la forma di figure mitiche. La guerra, che immagina sconfitta infine dalla forza della natura, gli porta però la morte, che lo riconsegna a cicli naturali in cui la vita si rigenera sempre. Su una croce funebre, in mezzo a un prato, compare finalmente il nome del soldato: Peter Pan.
NOTE DI REGIA:
Il film prende spunto dal nome di un soldato ungherese sepolto nel Sacrario del Monte Grappa. Quel soldato si chiamava Peter Pan ed è morto in guerra nel settembre del 1918. Accanto a lui sono raccolte le spoglie di oltre 23 mila soldati caduti nella Grande Guerra, in gran parte ignoti.
Questo film intende essere un canto sommesso contro la guerra che continua a insanguinare il mondo riaffacciandosi ormai anche sull’Europa, che si illudeva di essersene affrancata. La guerra semina morte e distruzione, riaccende la fiamma dell’odio ed è ingiusta: colpisce soprattutto i più deboli, coloro che non l’hanno concepita e decisa.
La guerra sembra scaturire dallo stesso pensiero onnipotente e tecnocratico che ha portato l’uomo a considerare la natura come qualcosa di estraneo e distante da sé, un’entità da sfruttare per trarne un beneficio, economico in primo luogo, fino a creare le condizioni per rendere incerta la nostra stessa sopravvivenza sulla Terra.
Guerra e disastro ambientale sono frutti velenosi di uno stesso pensiero.
Prendendo spunto dalla sorprendente corrispondenza tra il nome di un soldato dell’esercito austro-ungarico, Peter Pan, morto poche settimane prima della fine della Grande Guerra, e il personaggio del romanzo di J.M. Barrie, Peter Pan, il bambino che non voleva mai crescere, il film sceglie la via del racconto fantastico per mettere in discussione la guerra e l’ideologia da cui scaturisce.
Protagonista è un candido soldato che diffida degli ‘adulti’ bellicosi e autoritari e che riesce a intenerire e farsi volere bene, come il magico personaggio letterario di Barrie.
D’altra parte anche nella realtà il soldato Peter Pan, sepolto nel sacrario del Monte Grappa, genera simpatia: di lui poco si sa ma la sua tomba è oggetto di un continuo tributo di fiori, un omaggio forse all’innocenza violata che diventa un segno di speranza in quel luogo di giovani che la guerra ha strappato alla vita e che sono stati presto dimenticati.
Il nostro soldato Peter è come un elfo dei boschi, è un giovane pastore che gli uomini della guerra sono venuti a prendere per portarlo a combattere in nome di qualcosa che non gli appartiene e non capisce.
Dopo essere stato immerso nell’orrore e aver visto morire Maty, il suo amico del cuore, Peter fugge dal fronte, attraversa le linee nemiche e si trova in Italia, in un territorio che la guerra ha spopolato e che sulle carte è straniero, dunque ostile, ma che a lui pare tanto affine alla sua terra, con i suoi boschi, i pascoli, i monti, gli animali.
Il nostro soldato percorre con cautela quella terra e dove incontra tracce di guerra è invaso con angoscia dal ricordo del tempo vissuto in trincea. Ma i pensieri scuri si allontanano non appena si lascia conquistare da quel mondo naturale, che gli rimanda i suoni del bosco e le voci degli animali, così familiari per lui. Ricorda allora i momenti felici della sua infanzia con l’amico Maty (girati in Super8), o si abbandona alle sue fantasie (con i sorprendenti ‘live painting’ di Cosimo Miorelli), che lo portano a immaginare la guerra come una sorta di mostro meccanico che tutto abbatte e distrugge fino a lanciare la sua sfida finale persino al Re della Natura, personificazione simbolica della forza della natura, che assomiglia al mitologico dio Pan. Peter teme quella figura panica ma la rispetta, perché sente di appartenere al suo regno e non a quello del mostro meccanico, che è una creatura degli uomini ‘adulti’.
Interpretato da Ondina Quadri con la leggerezza e il candore di un ‘elfo’ che all’occasione torna ad essere un militare duro e deciso o un ragazzo colmo di terrore, nel suo percorso il soldatino incontra una pattuglia italiana capeggiata da una sorta di disilluso Don Chisciotte e dal suo scudiero (Peppe Servillo e Segio Bustric), e viene osservato da una Morte pietosa (Benedetta Barzini) che è pronta ad accoglierlo per riportarlo in seno alla natura, il suo ambiente, dove niente mai muore del tutto.
Co-protagonista del film è senz’altro la natura, filmata da Matteo Calore senza estetismi o retorica negli ambienti bellissimi dell’altopiano di Asiago, in Veneto, che fu uno dei fronti più sanguinosi della prima guerra.
Il montaggio (Benni Atria e Alberto Masi) tiene insieme fluidamente i linguaggi diversi di cui il film, nel suo sviluppo, sente la necessità, delineando un racconto fantastico che trova espressione anche nei suoni (presa diretta di Marco Zambrano, ambienti di Francesco Albertelli, montaggio suono di Francesca Genevois e Marco Saitta, che ha eseguito anche il delicato mix) e nelle musiche di Giancarlo Schiaffini, su cui si innesta un canto dolente di Bepi de Marzi che ci ricorda che le guerre continuano ancora a seminare morte e dolore dovunque.