titolo originale:
Il sogno di una cosa
titolo internazionale:
The dream of thing
regia di:
cast:
Mica Smadja, William Smith, Esther Cuspinera Ramons
sceneggiatura:
fotografia:
montaggio:
costumi:
musica:
Scott Buckley
produttore:
produzione:
Velvet Movie, Luce Cinecittà, con il contributo del Ministero della Cultura
distribuzione:
vendite estere:
paese:
Italia
anno:
2022
durata:
45'
formato:
colore
status:
Pronto (21/09/2022)
premi e festival:
Qualcuno sostiene che Pier Paolo Pasolini sia stato ammazzato da un ragazzetto di borgata a seguito di un rapporto omoerotico finito male. Altri sostengono che sia stato fatto fuori dalla politica perché era un personaggio troppo scomodo.
C’è poi un pittore, suo fraterno amico, che è invece stato convinto che lo scrittore friulano si sia immolato alla sua volontà di aderire a un ponderato e lucido progetto mortifero, in cui la morte è da intendersi come ultimo capolavoro, finale rappresentazione di un’esistenza artistica senza precedenti. Dopo la morte del poeta friulano, egli ha fatto dell'elaborazione e della ricerca di prove corroboranti la sua teoria, un'ossessione che lo ha animato fino alla fine dei suoi giorni. Questo pittore si chiama Giuseppe Zigaina e a lui è dedicato questo cortometraggio.
Il racconto dai forti tratti documentaristici de Il sogno di una cosa si dipana in due direzioni: una si dirige verso un'accurata ricerca e selezione di materiale di repertorio a tema girato negli ultimi sessant’anni di storia italiana; l'altra è costituita da interviste e conversazioni, reali e immaginarie, con intellettuali e testimoni che per un verso o per un altro hanno avuto un rapporto privilegiato, anche di contrasto, con Pasolini.
E così interviste a personalità reali quali Alessandra Zigaina, figlia del pittore amico intimo di Pasolini, Antonio Mancini, pentito ex esponente della cosiddetta banda della Magliana e Marina Cicogna, produttrice del film pasoliniano Medea, si intrecciano a interventi finzionali, ma costruiti in stretta aderenza alla grammatica documentaristica, di personaggi d’immaginazione di vario calibro (un accademico, un regista e una psicanalista) che si muovono all’interno delle maglie dialettiche della teoria di Zigaina.
Note di regia
Dopo anni di studio e pensieri disimpegnati, ho deciso di raccontare la teoria poco nota sulla morte di Pier Paolo Pasolini, ricostruita dal suo amico fraterno Zigaina senza parlare di Zigaina. I suoi appunti, le sue trovate, il suo approccio quasi da detective, (un giallo puramente intellettuale) che si stupisce di come le cose in Pasolini tornino sempre, li ho messi in bocca a tre personaggi di finzione, tre intellettuali (un regista francese, una psicoanalista spagnola, e un professore americano di italianistica), tre figure che ci accompagnano nella fitta trama di un delitto irrisolto. Queste personalità oltre a condurre il gioco drammaturgico, tentano di ricostruire il quadro dei fatti con l’aiuto di filmati d'archivio, foto di scena e inedite interviste per un documentario di circa cinquanta minuti su uno dei personaggi più contestati del secolo scorso, interviste e conversazioni con intellettuali e testimoni che Pasolini lo hanno conosciuto, amato, stimato, approfondito, studiato ma anche allontanato, criticato, linciato ed odiato.
Il mio Pasolini è il Pasolini odiato. Quello processato per rapina a mano armata. Il Pasolini accusato di aver puntato la pistola a un benzinaio con un fazzoletto sul volto. È il Pasolini che ricorda che quando usciva di casa e vedeva un’edicola rasentava il muro per non guardare i titoli dei giornali. E’ la storia di un uomo, un polemista, colui che riflette e teorizza scenari politici apocalittici e proprio per questo ne paga le estreme conseguenze con una morte punitiva, esemplare, una morte che non si fa fatica a collegare a tutta l'operazione di svelamento delle trame italiane, del potere occulto, che per tutta la vita caratterizzò la vita polemica del poeta, con l'atto definitivo testimoniato dal suo romanzo incompiuto Petrolio.
La vita di Pier Paolo Pasolini può essere raccontata certo dalle sue opere (poesie, saggi, articoli, racconti, romanzi, sceneggiature, film), ma anche, e soprattutto, attraverso il suo tormentato rapporto con il mondo, con le altre persone, con la realtà delle cose, con la giustizia. È come se avesse combattuto una lunga guerra d’amore con la vita: più di trenta processi, oltre cento denunce, quotidiani linciaggi della stampa, le aggressioni fisiche. Mai un’artista italiano ha dovuto giustificarsi a tal livello per le sue opere e per la sua vita.
Lo stesso si può dire della sua morte. Al di là delle molteplici verità, il più delle volte contrastanti, sulla sua fine violenta, e parlo delle verità giudiziarie e complottistiche, quel delitto italiano ha ancora troppe zone d’ombra, ed è con questo documentario che voglio raccontare la tragica vicenda della morte di Pasolini in tutta la complessità della figura di Pasolini.
Il sogno di una cosa è il racconto documentato di un’altra verità.