È il 1983 quando Franz Paludetto acquista il Castello di Rivara ai piedi delle Alpi piemontesi. Comincia con lui una stagione di mecenatismo che consacra nuovamente questo luogo come avamposto di sperimentazione di arte contemporanea. Un secolo prima, un cenacolo di artisti aveva iniziato una rivoluzione pittorica nella ricerca sul paesaggio dipinto dal vero. Artisti da tutta Europa si erano incontrati qui per fondare la Scuola di pittura di Rivara. L’ultima a vivere la dimensione privata di questo spazio ormai diventato museo, un luogo sospeso nel binomio bellezza-decadenza, è una giovane artista che spinge il castellano a imprimere sulla pellicola le sue memorie. Nasce fra i due un rapporto di amicizia e un gioco di assenze. Sullo sfondo di un racconto intimo si realizzano le grandi imprese dell’Italia del secondo Novecento: il paese esce dalla guerra e si apre a nuove prospettive sociali. Franz si lascia alle spalle il trauma del fascismo e si crea una nuova identità. Arte e cultura industriale diventano i grandi temi del suo museo. Nel corso di una narrazione lunga un decennio si vede la giovane crescere, mentre il gallerista si avvicina alla morte.