All’aria stu gioia

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All’aria stu gioia

titolo originale:

All’aria stu gioia

cast:

Vinicio Capossela

musica:

Pietro Scardino, Davide Di Rosolini, Andrea Calabrese, Vinicio Capossela

produzione:

Francesco Di Martino, Associazione Portatori Di Gioia, Frameoff, Comune di Scicli

paese:

Italia

anno:

2022

durata:

66'

formato:

colore

status:

Pronto (09/06/2022)

Scicli, piccolo gioiello barocco nel sud della Sicilia, famosa al grande pubblico quale set cinemato- grafico della serie TV “Il Commissario Montalbano”.
Mancano 33 giorni alla domenica di Pasqua e gli abitanti si preparano a celebrare la festa. “L’Uomo Vivo, il Gioia”: parole che gli sciclitani usano per invocare il Cristo Risorto, un simbolo ormai parte dell’identità comunitaria. Si tratta di una statua settencentesca, realizzata dallo sculto- re Benedetto Civiletto.
Peppe, Franco, Angelo e Claudio sono quattro portatori del Gioia, la cui amicizia è nata proprio sotto la “Vara”. Possono essere considerati l’emblema dei portatori, cioè vite ordinarie e sempli- ci che si incontrano per una passione comune, il Gioia, che ogni giorno è l’argomento principale delle loro discussioni. Peppe lavora il marmo, Franco è un rappresentante commerciale, Angelo fa il contadino nell’azienda di famiglia e infine Claudio è un camionista che viaggia in tutta l’Italia. Il film segue la loro quotidianità circa un mese prima delle festività pasquali, mostrando la prepa- razione della festa e gli incontri che precedono il grande giorno.
I portatori trasportano a spalla la statua del Cristo Risorto dalla chiesa di Santa Maria La Nova fino alla piazza, facendola oscillare a destra e a sinistra, e ruotandola su se stessa a grande velocità, incitati dalle urla degli astanti: Giò! Giò! Gioiaaa!
È un’esplosione di gioia, un inno scatenato alla Vita, un movimento sfrenato di corpi che si accendono di una vitalità quasi primigenia. È simbolicamente una vittoria eroica che l’uo- mo si è preso nei confronti della Morte. È la Rinascita dopo un incontro ravvicinato con il dolore. È un invito a celebrare la Vita. Stremati, fino a tarda notte conversano tra di loro sotto il peso della statua e sotto gli occhi degli spettatori che addirittura li prendono per matti. Infat- ti la gente, seppur attratta dall’energica e vivida immagine del Cristo che impugna una bandiera rossa, scappa per paura di esserne travolta. Dopo gli ultimi “giri” sfrenati, accompagnati dal ritmo dell’instancabile banda di paese, fanno ritorno alla chiesa con i volti segnati dalla fatica, da una grande soddisfazione e allo stesso tempo dalla malinconia: lì, davanti all’ingresso, vivono una forte scissione interiore tra la stanchezza che impone di fermarsi e la voglia di far girare ancora il Gioia per la piazza. Ma, una volta fermatisi, sanno che potranno rivedere la loro statua, il Cristo Risorto, solo tra un anno perché un’altra Pasqua si è conclusa.

Note di regia

Una sera mi trovavo a Scicli in occasione della Pasqua, festività intrisa di elementi pagani, testimoni di un sud arcaico che sopravvive allo scorrere inesorabile del tempo.
Improvvisamente ho visto un’immagine straordinaria: la statua del Cristo Risorto, chiamata “il Gioia”, trasportata da un gruppo di uomini, cioè i “portatori del Gioia” che uscivano di corsa dalla chiesa del Carmine. Sembrava che il Gioia corresse sopra la folla, che a sua volta inseguiva il Cristo; allora, incuriosito dal fervore della gente, ho inziato anch’io a rincorrerla.
La sensazione che ho provato è stata quella di essere magicamente catapultato in una pericolosa corsa di tori in Spagna: da quel momento ho iniziato a partecipare annualmente al rito pasquale. L’anno dopo feci la stessa cosa, ma con l’obiettivo di filmare la festa. Fu così che venni notato da uno dei portatori, Peppe, che mi chiese perché stessi filmando. Insieme a lui conobbi Franco, An- gelo e Claudio, che scoprii essere uniti da un’amicizia singolare nata sotto la “Vara”. Da allora ho inziato a filmare esclusivamente loro quattro, che sono diventati i protagonisti del mio film. Con il passare degli anni, interessandomi sempre di più alla loro vita quotidiana al di là della festa, abbia- mo stretto una relazione.
In particolare, ho desiderato raccontare la verità in merito ai ”portatori del Gioia”, dei quali il pub- blico ha spesso una visione distorta, etichettandoli come personaggi ambigui. Ho avuto modo di scoprire che in realtà sono uomini dalle storie semplici, padri dediti alla famiglia, e che la loro devozione al Cristo Risorto va oltre la festività e si riflette nella vita di tutti i giorni. Inoltre questo lavoro, pur avendo pochi protagonisti, può essere considerato un racconto corale, di cui il vero protagonista non è solo la Pasqua, ma soprattutto la vita dei portatori e la loro attesa dell’arrivo della festa.
Per me è stato un lungo periodo di conoscenza e di ascolto, durante il quale, tra riprese e ricerca di materiali d’archivio, sono trascorsi più di sette anni. Questo lasso di tempo mi ha permesso di sta- bilire un forte legame con tutti i “portatori”, al punto che il film è diventato anche un loro progetto fino ad eliminare quell’occhio meccanico che separa il documentarista e i personaggi.