Gemito, lo scultore folle

titolo originale:

Gemito, lo scultore folle

sceneggiatura:

fotografia:

montaggio:

paese:

Italia

anno:

2022

durata:

52'

formato:

colore

status:

Pronto (03/11/2023)

Assistiamo alla vita di Vincenzo Gemito come si assiste allo svolgimento di un film giallo. C’è un enigma da risolvere e degli indizi da seguire. Solo che nel nostro caso l’enigma è il protagonista stesso del documentario.
Chi era Gemito? Un artista geniale o una mente malata illuminata ogni tanto dalla luce del talento? Un artista ancorato al passato con la sua ricerca ossessiva del realismo, oppure un precursore della modernità che aveva intuito il destino dell’arte, portare il realismo verso l’assoluto ideale. E ancora: Era un trovatello abbandonato appena nato dai suoi veri genitori e plasmato dai chiaroscuri di Napoli, o un artista pienamente europeo, uno che puo’ essere tranquillamente accostato a Rodin e Medardo Rosso? Per rispondere a queste domande dobbiamo partire dall’idea della scissione. La vita di Gemito è infatti divisa in due parti, esattamente come scissa in due parti era la Napoli di allora dove ha vissuto. Da una parte la città ricca, europea, meta degli ultimi fuochi del Grand Tour e che si avvia verso il liberty di inizio secolo. Dall’altra la città viscerale, piena di ombre e misteri, la città popolare in cui risuonano gli echi delle vicissitudini di Caravaggio e in cui Gemito trova i modelli a cui si ispira per le sue sculture. La data che divide in due la vita di Gemito invece è: il 20 agosto 1887, giorno in cui Gemito viene condotto all’ospedale psichiatrico Ma prima di quel 1887 ci sono: 1) un esordio precocissimo a 7 anni in una bottega 2) la frequentazione della Reale Accademia di Belle Arti da cui fugge perché incapace di adattarsi allo stile classicheggiante e mitografico 3) l’avventura improvvisa a Parigi, la capitale mondiale dell’arte dove stanno per esplodere gli impressionisti e le prime avanguardie e che vede Gemito trionfare in tutti i salotti intellettuali dell’epoca 4) la sua fama e il successo che travalicano i confini facendolo diventare un personaggio internazionale 5) il ritorno a Napoli, e la sofferta decisione di accettare la commissione per la statua del carlo V in marmo e che lo porterà a un periodo di autoreclusione fino al ricovero in manicomio Quando uscirà dal suo periodo di autoreclusione a inizio ‘900 troverà per paradosso una Napoli che invece guarda solo al Futuro: avanguardie in architettura, pittura e scultura. A Napoli arrivano la fotografia e anche il cinema con le primissime pellicole girate in Italia, proprio accanto al suo studio.

Note di regia

Innanzitutto il titolo. Gemito è lo scultore folle, non pazzo come lo hanno sempre definito. Come ci ricordano i greci infatti, la follia è il punto di congiunzione tra l’uomo e Dioniso, tra l’esistenza mortale e la Visione irreale. È da questa luce che Vincenzo Gemito è stato accecato, da questo tentativo nietzschiano di andare verso l’Oltre-Uomo, al di là del bene e del male. Ed è verso questa luce, che per tutta la vita si è diretto, fino a rimanerne soggiogato.
Questa suggestione mi ha colpito da subito. Di Gemito si ha un’immagine un po’ retorica, legata a questa sua ossessione per il ritratto dei ragazzi di strada e degli scugnizzi della sua città. Ma basta guardare più in profondità per vedere la vera natura della sua arte. Gemito, come Van Gogh, come Caravaggio, cerca della realtà il volto nascosto non quello evidente. Impossibile non immaginarlo da subito napoletano, eppure era anche profondamente europeo. Impossibile non pensarlo antico, austero e conservatore nella capacità di tratteggiare il corpo umano. Eppure era anche moderno, modernissimo. Anticipa la metafisica, il selfie, e perfino il cinema.
Nessuno meglio di Alberto Savinio l’ha compreso. Quindi sono partito da lui “La figura impaludata della zingara (seppia del 1910) diventa personaggio da tragedia. La contadina (donna di Genazzano) pur senza rinnegare né mascherare il suo carattere di contadina, prende la maestà di una dea. Il respiro dell'arte è passato su lei. La creatura mortale diventa immortale. Sotto la matita di Gemito, l'uomo prende un aspetto monumentale e grave. Gemito era più scultore nei disegni che nelle statue. Nei disegni parte dall' intimo e si dilunga all' infinito. I suoi disegni continuano di là dalla carta. Scultore, Gemito domina con tutta la grandezza dell'anima, con tutta la forza delle mani la materia: la isola, la riduce al minimo necessario: non più in vista di una perfezione lirica ma di una perfezione fisica. Le statue di Gemito sono i passatempi di un demiurgo…”