Le quattro volte (opera seconda)

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Le quattro volte

Le quattro volte

Le quattro volte

titolo originale:

Le quattro volte

fotografia:

montaggio:

scenografia:

paese:

Italia/Germania/Svizzera

anno:

2010

durata:

90'

formato:

35mm - colore

uscito il:

27/05/2010

premi e festival:

«LE QUATTRO VOLTE è un film di fantascienza in cui, senza effetti speciali, un uomo si trasforma prima in un animale poi in un grande albero e alla fine in un cumulo di carbone. Succede tutto in un paese alle cui porte c’è un bizzarro cane custode. Qui le pietre hanno il potere di cambiare gli eventi, le capre crescono sugli alberi e la polvere, quella spazzata dai pavimenti, si inghiotte e non si butta.
LE QUATTRO VOLTE è un documentario etnografico su alcune zone dell’Appennino calabrese. Il primo episodio narra gli ultimi giorni di vita di un vecchio pastore, fra pascolo, mungitura e baratti in paese. Superstizioni e riti popolari ancora molto vivi in quella zona, lo inducono a usare la polvere delle chiese diluita in acqua al posto delle medicine. Il secondo documenta la vita del bestiame nelle campagne, seguendo i primi giorni di vita di un capretto, dalla nascita alla segregazione nell’ovile al primo pascolo; il terzo osserva da vicino un castagno nel corso delle stagioni. Infine il quarto racconta il mestiere dei carbonai, l’antica arte di trasformare il legno in carbone tra i fumi e le polveri di un cantiere immerso nei boschi del vibbese.
LE QUATTRO VOLTE è un film saggio sull’anima. L’anima è l’invisibile, è il soffio che dà vita ai corpi, è aria e materia minuscola: i pitagorici le davano la consistenza della polvere, ed è così che la incontriamo la prima volta nel film, un mucchio di granelli raccolti dal pavimento di una chiesa che un vecchio calabrese ingerisce, forse proprio perché partecipe di quella cultura animista, di discendenza pitagorica, diffusa a millenni sulla costa jonica. A quel punto l’anima incorporea prende sembianze umane, e quando l’uomo esala gli ultimi respiri, passa nel corpo di un capretto. Quando il capretto spossato si abbandona nella vegetazione, l’anima trova una nuova dimora, un grosso abete bianco, e alla fine torna polvere, o meglio fuliggine, quando quell’albero diventa carbone e viene bruciato in un camino.»