titolo originale:
Banana
regia di:
cast:
sceneggiatura:
fotografia:
montaggio:
scenografia:
costumi:
musica:
produzione:
Good Films, con il contributo del Ministero della Cultura, Garance Capital, con il sostegno della Regione Lazio, in associazione con Banca Popolare di Sondrio
vendite estere:
paese:
Italia
anno:
2014
durata:
82'
formato:
colore
uscito il:
15/01/2015
premi e festival:
Storia tragicomica di un piccolo Don Chisciotte di periferia.
Su un muro che s’affaccia su un cortile stritolato dal cemento c’è un cartello con su scritto:
“Vietato urlare”.
Sotto il cartello ci sono dei ragazzi che giocano a calcio come invasati e urlano come ossessi. Tra di loro c’è Banana, un buffo e fragile quattordicenne col piede a “banana” (ma convinto d’essere un campione). Non ce la fa più a stare in porta e così prende palla e va in attacco dribblando tutti come se fosse un fenomeno brasiliano. In un attimo si ritrova davanti alla porta avversaria; non gli rimane che tirare, ma è talmente agitato che tira storto e il pallone finisce oltre il muro di cinta.
Mentre i compagni di squadra lo stramaledicono, il pallone torna nel cortile . Ma non rimbalza più, perché è stato squarciato dal misterioso pazzo che abita dall’altra parte del muro.
Così inizia la storia dell’ultra-romantico Banana, il ragazzino convinto che nella vita bisogna prima di tutto cercare di essere felici. Non contenti, felici, dice proprio.
“Certo, non si può mica essere felici di tutto. Però, forse, basta esserlo di qualcosa. Che poi quel qualcosa illumina tutto il resto e siamo salvi.”
Questi e altri strampalati pensieri fanno parte di quella che lui chiama “la filosofia brasiliana”. Come nel calcio brasiliano, sostiene, bisogna attaccare (la vita) con slancio e col cuore in mano. Sennò si vive nel terrore che ti segnino, come “catenacciari” senza fantasia.
In concreto, Banana è convinto che la felicità sia essere compagno di classe di Jessica (il suo grande amore), anche per il prossimo anno. Così decide di buttarsi anima e corpo nell’impresa di farla promuovere. Ma è un compito davvero arduo. Perché Jessica a scuola è una capra (e lo è anche Banana), perché è la ragazzina più crudele e disinvolta sessualmente dell’universo e perché è protetta dalle terribili “Jessichine” (le sue ancelle) che detestano Banana e le sue buffe tenerezze. E, soprattutto, perché hanno la crudele Colonna come professoressa d’italiano.
Inoltre, il nostro eroe non ha alleati nella sua avventura. Non ha amici essendo detestato per la sua mania di non stare in porta e di volere sempre fare il brasiliano (facendo squarciare decine di palloni). Anche i suoi genitori non gli sono d’aiuto. Sua madre non fa che gettare fango e disprezzo sul padre che non fa che stare sul divano e maledire il mondo. Ci sarebbe la sorella maggiore, Emma, l’intellettuale della casa. Lei adora il fratello e conosce il suo mondo (tanto da ispirarlo).
Ma tradirà tutto quello in cui Banana crede, gettando alle ortiche i suoi sogni (l’amore profondo per un uomo problematico e la sua carriera da ricercatrice).
Verso la fine, Banana, disperato, per aver scoperto che Jessica è stata con lui solo per essere promossa, avrà talmente bisogno di un conforto da cercarlo addirittura nella perfida professoressa Colonna. Ma lei non lo ascolterà nemmeno, impantanata com’è nell’impossibilità di riuscire ad affrontare il mondo.
L’ultima scena è nel solito cortile, con Banana in porta. Ora ha capito di non essere matto, ma che più semplicemente, la filosofia “dei brasiliani”, quindi di chi vuole essere felice, è dura e faticosa.
E mentre lui sta in porta e cresce, il mondo rimane quello che è: i suoi genitori continuano a litigare, le “Jessichine” continuano a parlare di cellulari nuovi, Jessica continua ad avere storie con ragazzi grandi.
Così prende palla, dribbla tutti, arriva davanti alla porta avversaria , tira storto e manda il pallone oltre il muro, nel solito cortile della terribile professoressa Colonna. Sì, è proprio lei la matta misteriosa che squarcia i palloni. Ma alla fine della storia capisce che Banana è un ragazzino meraviglioso e che il mondo, se c’è gente così, non può fare poi così schifo. Così gli ritira indietro il pallone senza squarciarlo. E mentre i ragazzini strabiliano nel vedere il pallone rimbalzare, Banana fa il più bel sorriso del mondo. Forse anche questa è la felicità.
NOTE DI REGIA:
In questa Italia un ragazzino grida (a squarciagola) il suo sì alla vita.
In mezza riga, questo film è la storia di un ragazzino che fa di tutto per avere una ragazzina.
Ma su un piano più profondo, tematico, il film parla della necessità del ragazzino di non vedere sprecata la propria vita. E se la quasi totalità dei personaggi di questa storia si comporta come chi sa che nella vita non vale la pena soffrire, per lui è diverso.
Banana, anche se alla fine non riesce ad avere la ragazzina, comprende qual è il suo posto nel mondo. Quello di uno appassionato alla bellezza, alla grandezza e alla profondità della vita.
E capisce che, per averle, deve essere disposto a fare fatica e a soffrire. Trascinerà anche altri nel suo mondo. Prima fra tutti, la terribile professoressa Colonna.
Perché Banana è anche la storia di un ragazzino capace di fare rinascere un adulto.
Ecco, gli adulti. Perché questa storia vuole parlare anche e soprattutto a loro. Banana darebbe qualunque cosa per avere vicino un mentore, un grande che gli spieghi come vanno le cose. Ma adulti così non se ne vedono. In questa storia si sentono così inspiegabilmente infelici, smarriti, lontani da loro stessi. Qui non riescono più a ricordare com'era la vita allo stato puro. Quella stessa vita che, col tempo, hanno visto irrigidirsi e sbiadirsi in ruoli e maschere, in recite e delusioni. Qui gli adulti non riescono a essere quello che vorrebbero, a fare quello che dovrebbero. Emma, la sorella di Banana, sa che dovrebbe seguire il suo grande amore e continuare a lottare per il lavoro che adora. Ma è come paralizzata, terrorizzata dalla realtà che, come un muro, le si para davanti.
Già, la realtà. Che è quella dell’Italia in cui stiamo vivendo. Di questo paese volgare, ottuso, meschino, cinico e, soprattutto, stanco. Realtà cui non riesce a reagire nemmeno la Colonna, l’intelligentissima, profondissima (e cattivissima) professoressa di Banana.
Gli altri insegnanti, poi, neanche parlarne: quello di ginnastica è sciancato e quello di matematica si fa massacrare dagli scherzi degli alunni.
Così Banana deve diventare grande da solo. Anche perché i suoi coetanei sono inservibili come alleati. Tutti violenti, avidi o profittatori (anche se davvero divertentissimi).
Soprattutto Jessica, forse la peggiore di tutti. Ma noi sappiamo che il ragazzino ce la può fare. Perché per quanto tenero, ridicolo e buffo ha la statura di un piccolo eroe. Perché, non è forse un atto eroico volere credere che si possa vivere di cose belle, pulite, grandi e semplici?
E quanto coraggio bisogna avere per volersi convincere che la realtà, per quanto assurda, ottusa e feroce è anche in grado di splendidi doni?
Questo film è una commedia. Ma una di quelle commedie dove basta grattare un po’ per sentire l’amaro in bocca. Il genere che, mi sembra, possa raccontare con più dovizia di toni la storia di un ragazzino ingenuo, capra a scuola e col piede a banana che indica la strada più difficile, onesta e vitale.