titolo originale:
Ritratti abusivi
regia di:
cast:
Pasquale Patierno, Salvatore Palomba, Vincenzo Marotta, Ciro Salessi, Caterina Cerchia, Lello Cerchia, Carmine Migliaccio, Claudia Conte, Costantino Migliaccio, Nello Formisano, Emanuele Conte, Marco Formisano, Bian Migliaccio, Giuseppe Cantone, Carmine Migliaccio, Gennaro Raducci, Vincenzo Puocci, Ulrike Dentale
sceneggiatura:
Romano Montesarchio, Vincenzo Ammaliato
fotografia:
Romano Montesarchio, Raffaele Manco
montaggio:
musica:
Massimiliano Gaudio
produttore:
produzione:
distribuzione:
paese:
Italia
anno:
2013
durata:
70'
formato:
HD - colore
aspect ratio:
16:9
status:
Pronto (14/10/2013)
premi e festival:
Ritratti abusivi è il racconto realistico di un periferia italiana e dei suoi surreali abitanti, la comunità abusiva del
Parco Saraceno. Come rinchiusi in un luogo infinitamente degradato e senza tempo, da almeno dieci anni, gli
abitanti abusivi del Parco vivono la propria vita tra miserie e illegalità, sospesi tra violenze quotidiane e il sogno di
una vita normale.
Ma il destino del Parco Saraceno è segnato. Nell’arco di qualche anno verrà abbattuto per far posto ad un enorme
porto turistico, simbolo del rilancio del territorio. Come un ritratto corale e grottesco composto dai volti e dalle
parole degli abitanti, il film segue le vicende e l’umanità di questa comunità estrema e dimenticata che non ha altro
posto dove vivere se non questo piccolo luogo abusivo del sud Italia.
NOTE DI REGIA
Ritratti abusivi è la storia di due fallimenti.
Il fallimento dello Stato, che ha permesso la cementificazione selvaggia di decine di chilometri di costa campana.
Ed il fallimento di una ricerca fotografica che anni fa avviai nel territorio che avevo raccontato in un mio precedente documentario sulla strada statale Domiziana.
Riguardando il film, La Domitiana appunto, sentii il bisogno di rappresentare l’immobilità dei volti e dei dettagli
all’interno delle case di chi abitava quella strada. Così mi misi alla ricerca di soggetti da fotografare ed il Parco
Saraceno fu il primo ad accogliermi. Rimasi subito attratto dalla sua architettura geometrica e rigorosa in totale contraddizione con il caos umano che aveva generato. Da molti anni una serie di persone aveva occupato abusivamente un parco a sua volta abusivo.
Ho passato giorni a spostarmi tra una casa e l’altra, tra intonaci ammuffiti, finestre improvvisate e arredamenti
surreali. Un mondo a parte che nonostante tutto esprimeva una vitalità da paese dei balocchi. Dove le luci sono
sempre accese e dove è costante il rumore d’acqua. Un mondo dove i balconi, spesso privi di ringhiere, assomigliano a dei trampolini sospesi sul mare. Dove i volti degli abitanti mi apparivano dei romanzi decadenti e i loro corpi sembravano piegarsi su se stessi proprio come le pareti delle loro case.
Forse sarà stato l’effetto labirinto dei viali del Parco a suggestionarmi o le porte delle case sempre aperte come antri
misteriosi, fatto sta che quel posto mi ha letteralmente intrappolato. È quella del Parco Saraceno una realtà che
reclama di essere vista da dentro per dare la possibilità di meravigliarsi per l’inverosimile felicità dei suoi abitanti.
Così non ho saputo resistere alla necessità di animare i ritratti che avevo scattato, per consentire alle persone che
mi ospitavano nelle loro vite di raccontarsi. Per questi motivi la mia ricerca fotografica è fallita. Con le sole immagini statiche non riuscivo ad esprimere la peculiarità di quel luogo, peculiarità che si potrebbe riassumere con una frase di Fabrizio De Andrè “dal letame nascono i fiori”. Un processo di nascita quindi. E nascere implica movimento, come il cinema.