titolo originale:
Il Flauto Magico di Piazza Vittorio
titolo internazionale:
The Magic Flute at Piazza Vittorio
regia di:
cast:
Awalys Ernesto Lopez Maturell, El Hadij Yeri Samb, Violetta Zironi, Petra Magoni, Fabrizio Bentivoglio, Omar Lopez Valle, Houcine Ataa, Raul Scebba, Ziad Trabelsi
sceneggiatura:
Alessandro Arfuso, Fabrizio Bentivoglio, Massimo Gaudioso, Mario Tronco, Fabio Natale, Doralice Pezzolla
fotografia:
montaggio:
costumi:
produttore:
produzione:
Paco Cinematografica, Denis Friedman Productions, con il contributo del Ministero della Cultura, Rai Cinema, in associazione con Imprebanca, con il sostegno di Regione Lazio
distribuzione:
paese:
Italia/Francia
anno:
2018
durata:
83'
formato:
colore
uscito il:
20/06/2019
premi e festival:
Siamo a Roma, Piazza Vittorio: una grande piazza rettangolare che si sviluppa attorno a un giardinetto pubblico. E’ il tramonto e Omar, un addetto armato di fischietto e cappellino d’ordinanza, si appresta a chiudere i cancelli che separano il giardino dal resto della piazza. Attende l’uscita degli ultimi frequentatori e chiude il cancello con catena e lucchetto. Inizia così questo Flauto Magico, immaginando che l’opera di Mozart faccia parte di tutte le culture musicali di Piazza Vittorio, come una favola tramandata di bocca in bocca e giunta in modi diversi a ciascuno dei nostri musicisti. Così le vicende e i personaggi si trasformano, arricchendosi e sintetizzando tradizioni culturali molto distanti. Persino la musica esce trasformata da questo incontro, allontanandosi dall’originale e diventando Il Flauto Magico secondo l’Orchestra di Piazza Vittorio. I ruoli sono affidati ai musicisti in base a una somiglianza di carattere e affinità con certe esperienze vissute: per esempio Tamino è Ernesto Lopez Maturell, un ragazzo di ventidue anni che ha tutta l’esuberanza della sua giovane età. Più che dall’amore per Pamina, il nostro principe è mosso dal desiderio di avventura e dalla paura dell’ignoto, che a quell’età si trasforma in eccitazione. Il mago Sarastro è Carlos Paz, un artista con un rapporto molto forte con la politica e la religione. Per diretta assonanza Pap è stato subito Papageno, una persona semplice e profonda con un carattere molto vicino al personaggio di Mozart.
In questo senso facciamo nostra una suggestione presente nel Flauto di Ingmar Bergman (1975), in cui, durante l‘ouverture si susseguono primi piani del pubblico, come a cercare il Flauto nella società e i personaggi tra la gente comune. Il film non sarà un’esecuzione integrale dell’opera di Mozart: il lavoro musicale è molto libero e utilizza solo ciò che meglio possa essere valorizzato dalla poliedricità caratteristica dell’OPV. Le melodie sono riconoscibili, ma alcune sono appena tratteggiate, senza sviluppo e senza parti virtuosistiche, intrecciate a brani originali dell’Orchestra. Dal reggae alla classica, dal pop al jazz, la musica dell’OPV spazia attraverso tradizioni e culture musicali di tutto il mondo, rispecchiando i background molto distanti dei singoli musicisti e dando vita a incontri e sincretismi musicali unici. Sebbene solo un numero ridotto di scene andrà girato davvero a Piazza Vittorio, nel nostro film tutto accade all’interno dei giardini della piazza durante l’orario di chiusura serale. I giardini si animano come per magia e i papà, gli operai, le babysitter, i bambini che nella prima scena erano semplici avventori del parco si trasformano ora in principi, maghi, regine, sacerdoti. La storia si svilupperà attraverso ambienti fiabeschi e dichiaratamente teatrali, come grandi tappeti sabbiosi, palmeti di carta, un mare di cellophane, fondali dipinti di ogni tipo, ma anche plastici in scala ridotta per le vedute dall’alto, costruzioni appositamente scenografate per gli interni e castelli che prodigiosamente prendono vita dentro i veri vecchi palazzi della piazza. L’approccio espressivo sarà il più possibile ingenuo. L’effetto speciale rudimentale e scopertamente teatrale. Molti dei momenti musicali saranno coreografati, la danza è un aspetto molto vicino alle culture dei musicisti. Le coreografie saranno affidate a Cristiana Morganti. Chi conosce lo svolgimento delle vicende e le relazioni tra i personaggi dell’opera originale scoprirà una versione alternativa dei fatti, una storia possibile ( un’altra possibile storia ), immaginata dai musicisti dell’ OPV in base alla loro interpretazione e adattata all’ambientazione contemporanea. Scopriremo che forse il vero eroe non è Tamino e che i personaggi femminili, al contrario di quanto accade nell’opera di Mozart, possono, con il loro carattere, cambiare il corso degli eventi e assumere un ruolo determinante. Pamina – interpretata da una folksinger inglese – non ha mai deciso nulla nella sua vita, sono sempre stati gli altri a decidere per lei: è stata rapita da Sarastro, un uomo che si comporta in maniera paterna ma è pur sempre il suo rapitore; la madre la vuole far diventare una assassina; non è neanche così convinta di essere innamorata del principe Tamino. È una ragazza confusa che non sa cosa vuole dalla vita, ma alla fine prenderà la situazione in mano e farà la sua scelta cambiando il corso della storia e regalandoci un finale del tutto inaspettato.
Centrale nel racconto è la figura del narratore Omar. Omar, dicevamo, ha appena chiuso col lucchetto l’ultimo cancello dei giardini, ma non si è accorto, o forse non si è voluto accorgere, che nei giardini è rimasto un ragazzo addormentato su una panchina. Omar si gira verso la camera e comincia a raccontare. I giardini di Piazza Vittorio si sono trasformati: una luna enorme rischiara le palme e il ragazzo chiuso nei giardini diventa il principe Tamino, in fuga da un mostro minaccioso. Senza più vie di scampo, Tamino guarda negli occhi il mostro, terrorizzato, e sviene per lo spavento. Il principe è ormai spacciato, il mostro spalanca le sue fauci terribili… ma improvvisamente dal cielo si srotolano tre drappi colorati. Sono le tre dame, che armate di stiletti, piombano sul mostro e salvano Tamino, per poi ritirarsi verso il Palazzo della Regina della Notte che s’intravede in lontananza. Nei giardini vive un altro personaggio coloratissimo: Papageno, che sopraggiunge ignaro e inciampa sul cadavere del mostro. Quando Tamino si risveglia vede Papageno sopra il mostro e lo riconosce come suo salvatore, prodigandosi in lusinghe e inchini. Papageno non lo smentisce, anzi si pavoneggia raccontando al principe di aver rischiato di morire per salvargli la vita. Le tre dame, che assistono alla scena, puniscono le bugie di Papageno mettendogli un lucchetto sulla bocca e portano i due al cospetto della Regina della Notte. La Regina della Notte è una donna potentissima, vive nell’altana che guarda la piazza dal lato est. Nell’altana opposta, sul lato ovest, vive Sarastro, suo acerrimo nemico. Sarastro, dice la regina, ha rapito sua figlia Pamina e le ha rubato il Cerchio del Potere, un potente medaglione che conferisce poteri magici a chi lo possiede. Da allora nel regno della Regina è sempre notte, in quello di Sarastro è sempre giorno. La regina rivuole il medaglione magico a tutti costi. Dopo aver visto un suo ritratto, Tamino s’innamora perdutamente di Pamina e accetta di affrontare il viaggio verso le terre del suo malvagio rapitore per riportarla alla madre insieme al Cerchio del Potere.La regina impone a un Papageno riluttante di accompagnare il principe nell’eroica impresa e consegna loro due armi magiche. Sono due strumenti fatati, una kora per Papageno, un flauto per Tamino. Lungo il viaggio Tamino e Papageno cominciano a conoscersi. Tamino è armato dei migliori sentimenti, ma proprio non riesce a fare suo quel coraggio spavaldo che si addirebbe al suo status di principe. Anzi, diciamocelo, è un gran fifone, e teme che questa sua caratteristica poco “regale” potrebbe spingere l’amata Pamina a rifiutarlo. Papageno, un uomo semplice ma dall’animo gentile, rincuora l’amico.
Tra lucciole canterine, porte parlanti, indovinelli, scalate ripidissime e prove di ogni tipo, Papageno e Tamino raggiungono finalmente il palazzo di Sarastro e si dividono per cercare la bella principessa. Pamina è tenuta prigioniera nella sua stanza da Monostato, il suo guardiano, che è innamorato di lei e la insidia, ma Pamina lo respinge tenace. Dopo l’ennesima dichiarazione struggente di Monostato e l’ennessimo rifiuto sdegnato di Pamina, il carceriere si allontana stizzito, lasciando la principessa da sola. La ragazza sta inutilmente cercando di liberarsi dalle corde che la imprigionano, quando sente uno scricchiolio sul lucernaio che fa da tetto alla stanza… e poi un rumore di vetri fracassati e un tonfo. Trasale. E’ Papageno, che riconosce subito Pamina e anche lui rimane abbagliato dalla sua bellezza. Papageno racconta alla ragazza che è stata la Regina della Notte a mandarlo, insieme a un principe bellissimo che la ama. Sono là per liberarla. Pamina è al settimo cielo e i due cantano insieme la grandezza dell’amicizia, che permette di superare ogni ostacolo, ma all’improvviso la scena idilliaca è interrotta da Monostato che irrompe nella stanza pistola alla mano, insieme ai suoi scagnozzi armati fino ai denti. Monostato è pazzo di gelosia e punta la pistola verso Papageno, che, rassegnato al peggio, pizzica con una mano le corde della kora magica, salvando inaspettatamente la situazione. I due riescono a guadagnare qualche minuto e cominciano una fuga rocambolesca. Durante la fuga intercettano Tamino, che si unisce a loro, e tra ascensori lentissimi e passaggi segreti si ritrovano nella sala del trono, di fronte al magico Cerchio del Potere. Tamino lo sta per prendere, quando, nel buio, una luce illumina Sarastro, seduto maestosamente sul trono. Nel frattempo è sopraggiunto anche Monostato, che accusa Tamino e Papageno di avere corrotto Pamina con una stregoneria e poi di averla rapita. Chiede a Sarastro di punirli. “Per i tuoi servigi avrai la ricompensa che meriti, Monostato,” proferisce Sarastro. Un ghigno soddisfatto storce la bocca di Monostato. “Settantasette frustate sotto i piedi!” Dopo aver punito Monostato, Sarastro fa rinchiudere nuovamente Pamina e sequestra gli strumenti magici a Tamino e Papageno. Tre prove misteriose li attendono, e dovranno affrontarle da soli. Papageno viene messo alla prova per primo: condotto in un giardino meraviglioso dove i cespugli fruttificano dolci di ogni tipo, i ruscelli sono di cioccolata e dagli alberi pendono succulenti polli arrosto, deve resistere alla tentazione di mangiare. L’omone ce la mette tutta, ma quando la prova sembra superata la fame prende il sopravvento e Papageno cede alla tentazione. Contemporaneamente Tamino viene sottoposto alla prova del silenzio. Non può parlare con nessuno, nemmeno con l’amata Pamina, che non capisce il silenzio ostinato di quel principe che, poche ore prima, diceva di amarla così tanto e si dispera. Tamino vorrebbe rassicurare l’amata, consolarla, dirle che il suo amore è più grande che mai e sta per cedere… quando sopraggiunge Papageno e salva la situazione. Così, grazie all’aiuto dell’amico, Tamino supera la prima prova. Pamina, nel frattempo, è abbattuta e sconfortata. E’ ignara della prova imposta da Sarastro e pensa che anche Tamino e Papageno, gli unici amici che aveva, l’abbiano abbandonata. E’ di nuovo sola, rinchiusa nella sua stanza-prigione, triste. E’ in questo momento che, tramite un incantesimo, si materializza di fronte a lei la madre. La Regina, infatti, è venuta a sapere dalle tre dame del tradimento di Tamino ed è furiosa. Consegna alla figlia un pugnale e le ordina di uccidere Sarastro e riportarle il Cerchio del Potere. Pamina è sconvolta dall’idea di diventare un’assassina. Si sente tradita persino da sua madre. Per di più Monostato ha assistito alla scena e si offre di uccidere lui Sarastro al posto di Pamina, in cambio del suo amore. Pamina è indignata e lo respinge, lo chiama mostro. Monostato, ferito, decide di andare direttamente dalla Regina per barattare la morte di Sarastro con la mano della figlia. Pamina allora decide di andare da Sarastro e confessare tutto. Qui si riappacifica con Tamino, che le dichiara il suo amore e le spiega che il suo silenzio non era dovuto a disinteresse: era la prova. Appurati i sentimenti sinceri dei due giovani, Sarastro decide che Tamino e Pamina affronteranno insieme la seconda prova, quella dell’acqua, una delle più grandi fobie del principe. Nel frattempo il povero Papageno, avendo fallito la sua prova, non può proseguire insieme agli amici e s’ingozza mestamente a un sontuoso banchetto che Sarastro gli ha preparato. Può finalmente mangiare quanto vuole, a patto che, una volta concluso il suo pasto, abbandoni il Palazzo di Sarastro. Ma è proprio mentre ingurgita l’ennesimo pollo arrosto che sente provenire un rumore da sottoterra… è Monostato! E insieme a lui ci sono le tre dame e la Regina. Monostato le sta conducendo all’interno del Palazzo di Sarastro attraverso un passaggio segreto nei sotterranei del castello. Vogliono rubare il Cerchio del Potere. Con un orecchio poggiato per terra, come un segugio, Papageno segue le voci ritrovandosi nella Sala del Trono, dove il gruppetto di malintenzionati esce fuori per rubare il Cerchio del Potere. Papageno sventa il furto indossando l’oggetto magico e utilizzando il suo incredibile potere per stordire la Regina e il suo piccolo esercito. Intanto, nella sala della prova dell’acqua, Tamino riesce a superare la sua più grande paura grazie all’amore per Pamina. Ma prima di abbandonare la stanza e vincere la prova si materializza di fronte a loro Monostato, sgattaiolato dallo scontro tra Papageno e la Regina. Monostato è accecato dall’amore e dalla gelosia e sta per infilzare Tamino… quando ancora una volta sopraggiunge Papageno e salva l’amico, mettendo k.o. Monostato. I tre amici adesso sono di nuovo insieme, felici di essersi ritrovati e si preparano per la terza e ultima prova. Papageno fa per andare via, le regole di Sarastro prevedono che, avendo fallito la prima prova, lui non possa proseguire oltre, ma Tamino e Pamina lo fermano. “Le regole di mio padre non valgono per tutte le cose,” dice Pamina. “Tu vieni con noi. Non faremo l’errore di separarci un’altra volta,” continua Tamino. Papageno, commosso, strizza i due amici in un abbraccio. Quando i tre mettono piede della stanza dell’ultima prova, trovano ad attenderli un’enorme parete di fuoco. E’ invalicabile e niente sembra scalfirla, né la kora fatata di Papageno, né il flauto magico di Tamino, né il potere del Cerchio del Potere. Quando tutto sembra perduto, Pamina strappa il medaglione magico dal collo di Papageno e, come seguendo un istinto improvviso, lo scaraventa nel fuoco, distruggendolo. Improvvisamente le fiamme attorno a loro si ritirano e implodono in una piccola pallina violacea, per scoppiare alla fine come una bolla di sapone. Prova superata! “Brava Pamina,” aggiunge Omar il narratore. “Nessuno aveva capito che per superare la terza prova bisognasse distruggere il medaglione, corruttore degli uomini con le sue vane promesse di potere”. Ma non è ancora finita. Nella sala del trono Sarastro ha raggiunto la Regina per la resa dei conti. I due si fronteggiano al suono di un torrido mambo, insieme ai rispettivi eserciti. Siamo nel vivo dello scontro, quando Pamina arriva trafelata, insieme a Tamino e Papageno. “Smettetela! Ora basta! Il medaglione non c’è più”. La musica s’interrompe e Sarastro e la regina si voltano a guardare la figlia, colpiti. “L’abbiamo distrutto,” continua Pamina. “Non ha fatto altro che mettervi contro, seminare odio, siete talmente accecati dalla vostra stupida lotta che non vi rendete neanche conto di tutto il male che state facendo”. Sarastro e la Regina sono commossi e umiliati dalle parole della figlia, così sincere e piene di verità.
Tamino e Papageno, a disagio per l’atmosfera pesante, si scambiano un’occhiata complice e cominciano a suonare i loro strumenti fatati. Il mambo riprende, ancora più incalzante, ma se prima le note accompagnavano uno scontro, adesso Sarastro e la regina sono impegnati in un rito di seduzione, sempre più appassionato. La danza coinvolge tutti i presenti, trascinando a suon di musica le guardie e i sacerdoti di Sarastro a ballare insieme alle tre dame della Regina. Sarastro e la Regina si guardano negli occhi e riscoprono in quel momento di essere ancora follemente innamorati, concludendo le danze con un bacio appassionato, tra gli applausi commossi di tutti. L’amore trionfa. “Nel regno è finalmente tornata la pace,” ci racconta Omar. “Il giorno ha ripreso a susseguirsi alla notte, il sole alla luna”. Su queste parole Tamino, Pamina e Papageno si lasciano alle spalle il castello, allontanandosi verso l’orizzonte. Nel cielo spicca un enorme sole arancione intento a tramontare e, finalmente, cala la sera anche nel regno di Sarastro, dove era sempre giorno. Lentamente cominciamo a sentire dei suoni di vita urbana: traffico, vociare indistinto, lo sferragliare di un tram…
… è mattina e, come tutte le mattine, Piazza Vittorio è nel pieno della sua attività. I giardini sono popolati di nuovo da bambini che giocano, anziani che riposano sulle panchine, ragazzi che fanno jogging… Omar sta finendo di aprire l’ultimo cancello, quando gli sfila accanto Tamino, il viso ancora gonfio di sonno. Cammina svelto, varcando il cancello e attraversando la strada, per raggiungere i portici da uno dei lati della piazza. Della nostra fiaba non sembra esserci più traccia. Prima di sparire tra il mare di gente che anima le strade, il ragazzo sfila accanto a una delle tante bancarelle ricolme di oggetti di ogni tipo: statuine etniche, vecchi pugnali, orologi da taschino… confuso tra il ciarpame si distingue appena qualcosa di familiare. Sono i resti anneriti di un vecchio monile, molto, molto simile al Cerchio del Potere. Riposa lì sul banco, innocuo, esposto agli sguardi distratti e indifferenti dei passanti, che proseguono ignari, ognuno per la propria strada.