titolo originale:
Wenn aus dem himmel
regia di:
cast:
Paolo Fresu, Daniele Di Bonaventura, Manfred Eicher, Claudia Landi, Fabrizio Ferraro, Bruno Ganz
sceneggiatura:
fotografia:
montaggio:
produttore:
Fabrizio Ferraro, Uliano Paolozzi Balestrini, Alessandro De Rita
produzione:
Boudu, Rai Cinema, in collaborazione con Run To Me Film, Opéra Film
paese:
Italia
anno:
2015
durata:
93'
formato:
DCP - colore & b/n
uscito il:
16/04/2015
In un auditorium deserto, un luogo sospeso nel tempo e nello spazio, due tra i più importanti musicisti jazz, Paolo Fresu e Daniele Di Bonaventura, incontrano per la registrazione di un disco lo storico produttore della ECM Manfred Eicher. Qui, di fronte ad una platea spettralmente vuota, si sviluppa un lavoro artistico e artigianale in tutto analogo a quello di un laboratorio rinascimentale. Un lavoro nel quale la ricerca sul suono, l’esecuzione, la costruzione della struttura musicale, diventano espressioni di una fuga senza moto. Una fuga in cerca della visione per un pubblico a venire.
NOTE DI REGIA:
Quando si parte per un film c'è il desiderio di muoversi verso qualcosa, ma non si sa mai verso cosa. Per Quando dal cielo... l'interesse era quello di mettersi in ascolto, non solo di musicisti che stimo ma anche dell'immagine. Volevo vedere come si suscita l'immagine attraverso la musica. Filmare la musica è molto difficile: l'unica possibilità è quella di entrare dentro la musica, capire la giusta distanza, la posizione... Per trovare la giusta posizione all'interno dell'auditorium abbiamo impiegato tre mesi. Per capire la giusta distanza tra i musicisti e la cabina di regia e quali equilibri e tensioni potessero far emergere maggiormente la musica.
Nel film i musicisti vengono ripresi molto spesso di spalle mentre suonano ai concerti perché il film tende ad omaggiare la visione e quella cinematografica viene da dietro. Mi interessava quindi vedere cosa accade nell'ascolto da dietro. La cosa interessante era rincorrere la musica, il suono. Non musicisti e musica che vengono verso di noi, ma noi che rincorriamo musicisti e suono. Può sembrare impegnativo, ma solo così possono venire i momenti di grazia.
Nel film poi ci sono delle sedie vuote, come se dovesse arrivare un pubblico che poi, di fatto, compare (tristemente passivo nell'intento di duplicare) solo nel finale, mentre dovrebbe avere un ruolo attivo perché attiva è la dimensione dell'ascolto che ha la stessa importanza di chi suona.