titolo originale:
L'ospite
titolo internazionale:
the Guest
regia di:
cast:
sceneggiatura:
fotografia:
montaggio:
scenografia:
costumi:
musica:
produttore:
produzione:
Mood Film, Cinédokké, House on Fire Productions, Bravado Films, RSI Radiotelevisione svizzera, con il sostegno di Eurimages, Regione Lazio, CNC, UFC Ufficio Federale della Cultura, TorinoFilmLab
distribuzione:
Tirana Film Institute [Albania], Palace Films [Australia], A Plus Films [Bulgaria], UDI - Urban Distribution [Francia], W-film Distribution [Germania], One from the Heart [Grecia], CutAway [Macedonia del Nord], Palace Films [Nuova Zelanda], Vivarto - Bomba Film [Polonia], First Hand Films [Svizzera], Vertigo Media [Ungheria]
vendite estere:
paese:
Italia/Svizzera/Francia
anno:
2018
durata:
96'
formato:
colore
uscito il:
22/08/2019
premi e festival:
SINOSSI Guido pensava di avere una vita tranquilla fino a quando, in un pomeriggio d’inverno, un imprevisto sotto alle lenzuola non arriva a turbare la sua relazione con la fidanzata Chiara. Diretti in farmacia per comprare la pillola del giorno dopo, Guido le propone di non prenderla e Chiara si trova costretta a confessare i suoi recenti dubbi sul loro rapporto. È l’inizio della crisi e Guido è presto costretto a fare le valigie e ad andarsene di casa, ma per andare dove? Incapace di stare da solo, chiede ospitalità nelle case dei genitori e degli amici più cari trovandosi a naufragare da un divano all’altro nell’insolito ruolo di testimone delle loro vite e dei loro grovigli amorosi…
NOTE DI REGIA:
L'idea di questo film è quella di raccontare quel passaggio della vita legato alla fine di un amore in tutta
la sua dolorosa ed anche ironica complessità. Dal tentativo di arrestare il corso degli eventi, convinti che
ci sia un gesto che possiamo compiere, o una frase che possiamo dire per riavere con noi la persona
amata, all’affannosa ricerca di questo gesto nei consigli degli altri (che ci appaiono improvvisamente
saggi ed illuminati quando invece hanno i nostri stessi problemi e insicurezze). In questo percorso siamo
spesso portati a mutare il nostro sguardo sulla nostra esistenza: ci vediamo improvvisamente persi e
smarriti e cerchiamo così di ridefinirci e migliorarci in tutti gli aspetti che ancora possiamo controllare,
come se quel gesto sospeso per non perdere l’altro potessimo ancora compierlo per recuperare noi stessi.
Un percorso che assomiglia molto a quello dei viaggi più avventurosi quando da un luogo conosciuto ci
inoltriamo verso l’ignoto con in testa solo una meta vaga, come la ricerca della felicità; un viaggio pieno
di battute d’arresto nel quale tuttavia ogni passo compiuto ci aiuta a comprendere qualcosa di più su noi
stessi e nel quale un contributo fondamentale arriva dalle persone che incontriamo sul cammino, capaci
di donarci un punto di vista diverso sulle cose per aiutarci ad arrivare a quella “guarigione” che all’inizio
sembrava tanto lontana.
Sin da quando ho iniziato a pensare a questa storia di separazione e rinascita ero guidato dalla
sensazione che qualcosa stesse accadendo un po’ troppo tardi nella vita del protagonista Guido, come
se vi fosse una leggera discronia tra i tempi della sua crescita interiore e psicologica e quelli del suo ciclo
biologico. Questa sensazione di malinconica verità che sentivo e sento tuttora molto vicina al mio vissuto
e a quello di molti coetanei, mi ha dato l'intuizione che forse un “romanzo di formazione tardivo” potesse
essere un modo vero e sincero per raccontare alcune caratteristiche della generazione “iper-formata”
alla quale appartengo, una generazione che ha passato anni a specializzarsi teoricamente in mille
discipline universitarie e che tuttavia stenta a trovare lo spazio per esercitare concretamente le proprie
conoscenze, come se avesse sempre bisogno di nuove conferme prima di prendere una decisione che
potrebbe poi rivelarsi sbagliata.
Da questa intuizione iniziale ho successivamente maturato l’idea di raccontare questo momento di
crescita in un uomo che si avvicina alla quarantina provando ad avvicinarmi ed osservarlo da tanti punti
di vista diversi, uno per ogni lato della sua personalità; ho iniziato così a pensare alle conseguenze della
crisi della sua relazione sentimentale in relazione alle sue insoddisfazioni lavorative ma soprattutto in
relazione alla sua dimensione di figlio. Nascendo questa storia da un desiderio di paternità non
corrisposto dalla sua compagna, mi sembrava interessante andare ad osservare le conseguenze di questo
mancato passaggio all’età adulta anche osservando la vita di Guido nella sua dimensione di figlio di due
genitori che stanno lentamente ma inesorabilmente invecchiando; nel passaggio dal ruolo di figlio privo
di responsabilità a quelle di adulto chiamato a prendersi cura dei propri genitori sentivo infatti uno
spunto emotivo che mi emozionava sinceramente.
Anche se in maniera meno evidente rispetto al mio primo film “Short Skin”, anche questo film è
caratterizzato dal desiderio di affrontare il tema della complessità delle relazioni sentimentali utilizzando
il punto di vista di un uomo fragile. Guido, seppure quasi quarantenne, sembra soffrire delle difficoltà
che caratterizzano la vita quotidiana di molti suoi coetanei, uomini che non riescono a definirsi bene nei
confronti dell’altro sesso, orfani di una maniera tradizionale di essere maschio e alla ricerca di un nuovo
modo di vivere la propria identità sessuale di fronte a figure femminili sempre più distanti da quelle delle
loro madri. Mi sembrava da questo punto di vista interessante l’idea di raccontare il desiderio di
genitorialità attribuendolo alla figura maschile della coppia e ribaltando così degli stereotipi che solo fino
a qualche anno fa sembravano immutabili; questo non tanto per un criterio di originalità narrativa ma
appunto per un desiderio di rappresentazione delle dinamiche relazionali che stanno affermandosi oggi.