Il documentario italiano non è più una particolare tendenza, un fenomeno da guardare con estrema attenzione, una punta interessante e marginale del nostro cinema. Il documentario italiano è ormai, nell’ultima decade, un carattere presente, stabile e fondamentale della produzione cinematografica, e forse il segno espressivo più vitale in risposta al cambiamento in atto negli usi e nei consumi del pubblico delle sale e domestico. Lo testimoniano anni di partecipazioni (e premi) nei festival più prestigiosi; i numeri che alcuni titoli realizzano nei cinema, e la diversificazione che in alcune sale del Paese i documentari hanno prodotto; infine i palinsesti di tv generaliste, pay, piattaforme, che nel documentario (nelle sue più svariate forme) vede – insieme alla serialità – forse il genere più seguito e richiesto. Un’ultima felice prova di questo status arriva da Hot Docs, il più grande e importante festival di documentari nordamericano, e del mondo, che da 25 anni porta ogni anno a Toronto oltre 150 film, oltre 2000 delegati tra produttori, distributori, broadcaster, e qualcosa come 190 tra emittenti televisive e distribuzioni. Non ancora familiare al mainstream italiano, Hot Docs è un tempio del cinema del reale internazionale, una vetrina unica per i suoi partecipanti. E quest’edizione vede finalmente, come non avveniva da tempo, una robusta presenza italiana nelle giornate del festival, in programma dal 26 aprile al 6 maggio. Nel concorso principale di Hot Docs, dove un titolo italiano mancava da 10 anni, sarà presentato Vento di Soave di Corrado Punzi, che si chiede come si vive in una città del sud Italia, a pochi metri da una centrale a carbone e da un petrolchimico tra i più grandi d’Europa. Nella sezione ‘World Showcase’ trovano spazio La convocazione di Enrico Maisto, potente giornata particolare di sessanta cittadini, candidati fortuiti al ruolo di giudice popolare, un film già presentato all’importante IDFA di Amsterdam; e Happy Winter, già passato con buona attenzione all’ultimo Festival di Venezia, a Idfa e Visions du Reel, piccolo atlante umano racchiuso nella spiaggia di Mondello a Palermo. Infine nello speciale Programma ‘The Changing Face of Europe’, gestito dall’EFP – European Film Promotion, una finestra di 10 titoli europei presentati a Toronto, trova spazio il singolarissimo Lo strano suono della felicità di Diego Pascal Panarello, storia di un giovane siciliano, appassionato suonatore di scacciapensieri, che per vie tortuose di destino e geografia, con il suo strumento diventa una star e un mito in Siberia, dove lo strumento è un oggetto sacro.
Quattro storie naturalmente uniche, in cui tuttavia pare tracciato quel filo rosso di cronaca esemplare e grande attenzione al linguaggio visivo e poetico, che unisce il miglior documentario contemporaneo. E il miglior documentario italiano, che un festival dalle antenne molto sensibili al contemporaneo come Hot Docs, promette di far viaggiare ancora a lungo. A tal proposito è significativo un pensiero rilasciato da Shane Smith, Direttore della Programmazione di Hot Docs: "C’è una maturità e una sottigliezza nei film italiani selezionati quest’anno per Hot Docs, che riflette il calibro del talento documentaristico del paese, la gamma di temi affascinanti e delle nuove, inventive strade che questi registi hanno calcato per raccontare le loro storie".
Per il secondo anno la presenza dei film italiani a Hot Docs è coordinata da Istituto Luce Cinecittà-Filmitalia, con il contributo dell’ICE - Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, nella logistica e comunicazione degli eventi, e nello scouting di nuovi progetti.