Le Romane

titolo originale:

Le Romane

cast:

Lina Sastri, Luisa De Sanctis, Amanda Thursfield, Lia Calizza, Alessandra Di Castro, Olga Melasecchi, Ruth Dureghello, Caterina D’Amico

sceneggiatura:

fotografia:

produzione:

GA&A Productions, Rai Cinema, con il contributo del Ministero della Cultura, in collaborazione con Rai Teche

paese:

Italia

anno:

2016

durata:

52'

formato:

colore & b/n

status:

Pronto (30/05/2016)

premi e festival:

Nella Roma tutt’altro che monumentale, dentro la città dei Quartieri, dei vicoli, delle panchine all’ombra dei platani, ci sono orme e segnali di presenze femminili che, seppur poco evidenti, si specchiano perfettamente nella personalità di alcune donne che in questi Quartieri sono nate, o che ci sono andate per propria scelta lasciando la loro impronta indelebile.
Qualche esempio:
a Trastevere, una ragazza poverissima, nata a Via del Mattonato, è costretta a lavorare all’età di appena dieci anni. Si improvvisa in mille mestieri: fa la fioraia, la tipografa, la cantante di cabaret, la sciantosa. In una manciata di anni, diventerà Lina Cavalieri, “la donna più bella del mondo”: la più invidiata, la più amata, la più desiderata da Principi e Regnanti. Il suo successo planetario e il suo fascino da leggenda, non le impediranno di rimanere fedele alle astuzie del vicolo originario e al buon uso oculato del suo immenso patrimonio.
A Testaccio è nata e cresciuta Gabriella Ferri. In quelle strade ha sentito risuonare i primi stornelli: li ha fatti suoi e restituiti alla sua maniera, creando un nuovo genere di musica popolare con echi cosmopoliti. Lei e la sua compagna delle prime avventure, Luisa De Sanctis, diventeranno le “testaccine” nazionali dei primi anni Sessanta.
Poco più avanti, verso la Piramide, una signora inglese, Amanda Thursfield, passeggia tra i viali del cimitero Acattolico, di cui è direttore, e le piace raccontare a modo suo le vite di alcune figure femminili che riposano lì.
All’Aventino, ci è capitata, e non per caso, una russa irrequieta e piena di talento. Negli anni Venti era una ballerina di danza moderna, nei Trenta si è insediata a Roma con il nome d’arte Jia Ruskaja e ha cominciato a fare la coreografa e l’insegnante. Sul colle dell’Aventino ha fondato la prima Accademia di Danza in Italia. La sua proverbiale severità e il suo conclamato rigore trovano, nei viali e nelle Basiliche austere della prima cristianità che punteggiano il quartiere, la scenografia ideale del suo carattere e del suo lavoro.
Nel Ghetto di Roma tutti sembrano in simbiosi con i vicoli stretti e bui nei quali si respira un’aria da romanzo mitteleuropeo. Qui, il passato e il presente sembrano la stessa cosa: sampietrini che ricordano i morti e i deportati, bambini che entrano ed escono correndo dalle scuole, musei che insieme con la memoria celebrano gli eventi e i riti del presente. Impossibile al Ghetto cercare una protagonista. Qui bisogna arrendersi alla coralità di una storia tutta al femminile che, all’interno del “serraglio” - durato per quasi quattro lunghi secoli - ha forgiato la propria forte identità.
E poi, c’è un quartiere che è un mondo, quello del cinema.
Cinecittà. E quando si coniuga Roma con il cinema, si scrive un solo nome: Anna Magnani.
Con materiale di repertorio delle Teche Rai, fotografie, riprese nei luoghi e negli ambienti che più rappresentano le personalità dei personaggi narrati, “Le romane – storie di donne e di quartieri”, vuole contribuire a una vera e propria riscoperta della “città delle donne”.

NOTE DI REGIA:
Non sono partita da un’idea precisa, ma dal desiderio di mettere a fuoco alcune figure femminili che nel corso del tempo hanno nutrito la mia fantasia e nei confronti delle quali ho sempre avuto un senso di ammirazione, di gratitudine o semplicemente di curiosità.
Certe frasi di Anna Magnani che vengono in mente all’improvviso come un’illuminazione, un ritornello un po’ spinto della Ferri che mette pepe a una giornata stanca, il sorriso vissuto di Tullia Zevi, l’invidia nei confronti di chi riesce a mettere in scena una storia con il talento del proprio corpo.
Nessuna pretesa di fare il ritratto di questo e quel personaggio, di ricostruire dei caratteri, o di rileggerli alla luce della memoria.
Semplicemente la voglia di costruire un “ordito”, un tessuto femminile nel quale riconoscere dei volti e delle voci che sgorgano spontanei dalla città e che nella città si rispecchiano.
Nel farlo, mi è sembrato indispensabile ambientarli nei quartieri di origine o di elezione. Per creare uno sfondo, un paesaggio cittadino che tenesse insieme il carattere del luogo e quello del personaggio.
Una piccola scommessa che potrebbe preludere ad un futuro affresco femminile della nostra città e non solo.