Il destino degli uomini

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Il destino degli uomini

Il destino degli uomini

titolo originale:

Il destino degli uomini

fotografia:

montaggio:

produzione:

Baires Produzioni, Luce Cinecittà, in associazione con Gruppo Banco Desio, con il sostegno della Regione Veneto, in collaborazione con la Marina Militare, con il Patrocinio del Ministero della Difesa

paese:

Italia

anno:

2018

durata:

71'

formato:

colore & b/n

uscito il:

03/12/2018

Alle prime luci dell’alba un Mas, un grosso motoscafo, sfreccia veloce sull’acqua. Improvvisamente attorno a lui arrivano bombe. Degli aerei tedeschi stanno bombardando Portoferraio, nell’Isola d’Elba. È il 16 settembre 1943. Le bombe non centrano lo scafo ma lo spostamento d’aria fa sbalzare in acqua un marinaio che, semisvenuto, perde i sensi e annega.
Nella sua cella, Luigi Rizzo, cinquantasettenne, si sveglia di soprassalto allo sferragliare della serratura della porta. E’ sudato e spaventato. Ha sognato la morte del figlio, avvenuta quasi un anno prima.
Entrano due soldati tedeschi che lo fanno alzare e lo accompagnano lungo i corridoi fino ad una stanza.
Dietro un tavolo siedono un uomo in divisa della Kriegsmarine e un altro figuro dallo sguardo torvo. Sono Kurz Jager, austriaco e ammiraglio, e Otto Mutter, agente della Gestapo. Poco distante davanti a una macchina da scrivere una giovane donna in divisa da ausiliaria. Rizzo viene interrogato senza nessun riguardo. Lo si accusa di attività antitedesche come il sabotaggio di alcune navi del Lloyd, il rifiuto di comunicare ad altre navi di consegnarsi ai tedeschi a costo di rappresaglie verso le famiglie dei marinai… Rizzo protesta la sua innocenza, poi sbotta: “Voi ce l’avete con me per quello che rappresento: la vostra sconfitta!”. Mutter lo caccia via.
Torna nella sua cella, nervosissimo anche perché non ha sigarette.
Si adagia nervoso sul giaciglio, ricorda quando, sedicenne, andò a tirare sassi contro l’aquila bicipite del consolato austriaco di Messina. E’ il maggio del 1903, l’Austria-Ungheria è legata ufficialmente all’Italia da un trattato d’alleanza, ma è ancora padrona di pezzi di suolo italiano. I poliziotti arrestano i più facinorosi, tra cui il giovanissimo Luigi.
I giorni passano tristemente e Luigi, in cella a Klagenfurt, regola la sua vita con minuziosità per non impazzire. Nuovo interrogatorio. Questa volta Mutter è ancora più violento:“Lei è passato alla storia per le sue imprese sui Mas e ci risulta che anche suo figlio era su un Mas..Solo che lui fuggiva dopo il tradimento fatto dall’Italia alla Germania. Italiani, tutti traditori. Ammiraglio, lei rischia la fucilazione se non parla. Lo sa, vero?”.
Rizzo scatta in piedi, le guardie lo fermano, lo portano via. Poi Kurz si rivolge a Mutter: “Me lo lasci per qualche giorno. Sa, tra marinai…forse è meglio”.
Rizzo rilegge una lettera del figlio poi scrive alla moglie: “Cara Giuseppina, stanotte ho sognato Giorgio… Era bello, sorrideva. Mi ha detto che non è colpa mia se è morto. Ma io lo so che non è così. Che ho sbagliato. …”
Si apre la porta della cella, appare l’ufficiale di marina presente all’interrogatorio, sorridente. E’ il primo di numerosi incontri tra i due. L’atmosfera si fa quasi rilassante. Kurz parla di se, della sua Vienna, dell’arruolamento nella marina imperiale nel 1914, poi la sconfitta, il ritorno alla vita civile. Nel 38’ l’annessione dell’Austria alla Germania e subito dopo la chiamata nuovamente in marina, ma questa volta in quella di Hitler.
Gli incontri si fanno più lunghi e amichevoli, ora tocca a Rizzo parlare di se. Lui, figlio invece di marinai, nato accanto al mare, e poi chiamato nella regia marina allo scoppio della guerra.
L’ incontro con Thaon de Revel, il comandante supremo della Marina Italiana con cui condivide subito l’interesse per i nuovi motoscafi veloci, gli unici a poter colpire con rapide sortite la flotta asburgica nelle sue basi in Dalmazia.
Compare Klara, la ragazza tedesca che fa da dattilografa. Dice che gli deve fare da interprete. Gli porta delle sigarette e gli dice che se vuole potrà insegnargli il tedesco. Luigi è rilassato, ma sospetta che la ragazza faccia parte dei servizi segreti nazisti e stia lì per farlo parlare.
E’ colta, ha studiato a Firenze Storia dell’Arte. Ama l’Italia. Rizzo si tranquillizza, le parla della sua famiglia ma non fa riferimenti delle sue vicende in Marina. Con lei passeggia sugli spalti della fortezza, le guardie rispettose lo salutano militarmente, lui osserva le montagne, ma avrebbe preferito la brezza del mare della sua Milazzo.
Rizzo, nella sua cella, legge le lettere del figlio, che nel 1942 gli fa pressione perché lo faccia entrare nei Mas: Rizzo ha fatto il possibile per fargli cambiare idea, ma non c’è riuscito. Giorgio gli dice che un discorso del genere non lo accetta. Non da lui, il cui destino è stato così glorioso.
La moglie Giuseppina riesce ad incontralo nella sua prigione. La donna racconta le difficoltà incontrate per avere il permesso di venire li. E’ stato Kurz ad agevolare il permesso.
Parlano degli eventi presenti e trascorsi, di quando si sono conosciuti a Grado, lei patriota e irredenta, poi il matrimonio tutto di corsa, sotto le bombe.
Un altro interrogatorio, più duro del precedente. L’uomo della Gestapo ha ripreso il suo ruolo.
Rizzo ha la sensazione che i suoi giorni stiano per finire.
Viene svegliato presto, una mattina. E’ l’inizio di giugno del 1944. Rizzo pensa che sia arrivata la sua ora: teme di essere fucilato. Percorre con 4 guardie i tetri corridoi della fortezza, intravede una vettura con motore acceso, c’è l’autista e l’Ammiraglio Jager che sale con lui in auto: “Ammiraglio tutto bene. La portiamo in un luogo dove trascorrerà un confino …molto morbido….mi capisce?..... Io invece dovrò vedermela con la Gestapo. Ma ora le faccio una richiesta, Ammiraglio, che non può respingere! Mi deve parlare di quella notte de 10 giugno del 18’. Io conosco solo quello che è accaduto a Pola, dall’altra parte dell’Adriatico, quando l’ammiraglio Miklós Horthy decise di far uscire tutta la flotta per forzare il blocco di Otranto…”
Rizzo racconta la sua storia, la preparazione per la missione; ogni notte decine di Mas uscivano dai porti dell’Adriatico per pattugliare e monitorare le manovre del nemico, l’attesa a notte fonda in prossimità della Dalmazia e poi improvvisamente, alle tre e un quarto, fumo nero all’orizzonte.
Aveva davanti l’intera flotta austriaca. Rizzo non ha esitazioni, la attacca con i siluri e affonda la nave ammiraglia, la Santo Stefano.
Rizzo continua il suo racconto:”Quando si è piegata sul fianco sinistro ero già lontano e avevo un vostro caccia alle spalle.
Prontamente, L’Ammiraglio Jager lo corregge: “Sul destro Ammiraglio Rizzo, si sbaglia, sul lato destro”.
Rizzo, sorpreso, replica: “Allora lei ha visto le immagini che voi stessi avete filmato?”.
L’Ammiraglio Jager, con tono fiero: “No Ammiraglio io c’ero, stavo sulla gemella Tegetoff, ho visto tutto, l’agonia del gigante e la morte di un centinaio di uomini. E mentre a bordo, secondo la tradizione della nostra marineria, l’equipaggio salutava e la banda intonava mestamente l’Inno Imperiale, io assieme a quello scafo capovolto e devastato ho visto anche la fine di tutto il mio mondo”.

Note di regia:
Dopo aver raccontato in “Fango e Gloria” la storia dell’eroe per caso, il Milite Ignoto, e del ruolo fondamentale dell’Esercito nel Conflitto; e in “Noi eravamo” le avventure vissute da eroi inconsapevoli, i volontari della Grande Guerra, anonimi immigrati e crocerossine con il celebre Fiorello La Guardia, nella neonata Aviazione militare; con Luigi Rizzo, protagonista de “Il destino degli uomini”, è mia intenzione affrontare il tema dell’eroe per scelta.
Il film completa una triade di titoli dedicati alla Grande Guerra, la prima guerra tecnologica della storia, guerra di macchine, di industrie ma sempre e soprattutto guerra di uomini.
Protagonista è un uomo di mare, un siciliano che proviene da una famiglia della piccola borghesia di provincia di naviganti e patrioti. Un uomo del popolo con un forte senso della patria e del dovere. Si chiama Luigi Rizzo.
Quando anche l’Italia viene coinvolta nella Guerra nel 1915 entra in Marina, da civile; per le sue doti umane e belliche fa presto parlare di se.
Durante i tre anni del conflitto la storia personale di Rizzo si arricchisce di molti comprimari, personaggi inediti o al contrario di straordinaria fama sociale e culturale, con molti dei quali il nostro Luigi vive situazioni al limite dell’impossibile, che faranno di lui, prototipo dell’italiano onesto, grande lavoratore, coraggioso, dotato di uno speciale acume tutto meridionale, un eroe a tutto campo. In fondo, come moltissimi italiani, è un pacifista, ma se c’è da agire, menar le mani, è in prima linea, pronto a tutto.
Una storia originale, mai portata prima sugli schermi, inedita ai più, raccontata con un ritmo incalzante, attraverso una profonda analisi dei personaggi chiave e delle motivazioni caratteriali e ideologiche che hanno portato al concepimento e alla realizzazione di risultati che ancora oggi hanno dell’incredibile.
Come negli altri due film già realizzati anche in questo il protagonista è una sorta di Virgilio che, narrando le vicende della propria storia personale, guida lo spettatore attraverso i fatti della grande Storia nei quali si è trovato coinvolto. I racconti del “pubblico” e del “privato” si intrecciano continuamente, animati dagli attori che interpretano i personaggi chiave della vicenda, dalle ricostruzioni scenografiche e dalle elaborazioni video, che a loro volta si alternano alle immagini di repertorio dell’Archivio Storico del Luce. Nella mia personale visione dell’utilizzo delle immagini di archivio esse non rappresentano e testimoniano esclusivamente il passato, il dato di fatto, la fredda e inoppugnabile testimonianza dell’accaduto, come è nella prassi: nell’originale e apprezzata formula che ho messo a punto i personaggi migrano continuamente dal girato che li rappresenta e li genera al mondo del repertorio, e viceversa, in un continuo fluido passaggio che avvicina gli eventi storici alla sensibilità dello spettatore moderno, favorendone la comprensione e la sedimentazione.
Per ottenere questo risultato le pellicole dell’archivio saranno accuratamente restaurate, digitalizzate, sonorizzate con musica, effetti e voci fuori campo, e infine colorate. Trattamento complementare avrà il girato in color. Toglieremo così a quelle vecchie immagini la patina d’antico a cui siamo tradizionalmente abituati per avvicinarle il più possibile a noi, per generare drammaturgia e far sì che lo spettatore si cali nel racconto in un modo quanto più possibile vivo e partecipato.