Sono tornato al nord (opera prima)

Franco, calabrese di mezza età, ha un sogno: tornare a Torino, città dove ha svolto il servizio militare vent’anni prima, per seguire le orme di zio Spampinato, considerato dal nipote un imprenditore di successo, che lo ospiterà nella sua villa. I genitori lo vorrebbero trattenere in Calabria perché sostituisca il padre, prossimo al pensionamento, nel lavoro di ferroviere ma Franco è determinato a partire. Arrivato a Torino in compagnia del suo cinghialetto, Franco trova ad attenderlo lo zio Spampinato. Dopo qualche equivoco, si scopre finalmente la verità: lo zio non è il proprietario della villa, nel frattempo rivelatasi un ospizio, e la sua impresa è “La morte dell’acaro”, un’impresa di pulizie.
Franco, deluso, cerca un lavoro alla sua altezza ma, dopo vari tentativi fallimentari, torna dallo zio e proprio mentre sta eseguendo le pulizie in un ufficio notarile, viene casualmente a conoscenza di un’ingente eredità a suo nome da riscuotere tassativamente entro pochi giorni, altrimenti passerà a terzi. L’arrivo della segretaria non gli permette di leggere l’intero documento. Quando Franco torna dal notaio per pretendere quello che gli spetta, scopre che si tratta di un appartamento, per entrare in possesso del quale però occorrono 20.000 euro di tasse di successione. Franco sarà aiutato dallo zio Spampinato, dagli strampalati vecchietti dell’ospizio, dalla segretaria del notaio e da un usuraio pieno di sorprese, ma dovrà affrontare il notaio e una misteriosa signora, che in assenza del legittimo erede, avrebbe ricevuto i beni.
Nonostante gli impedimenti e i tranelli, la verità viene a galla: Franco conquista l’eredità che consiste non solo nell’appartamento, ma anche nella villa adibita ad ospizio dove fino a quel momento lui e zio Spampinato hanno vissuto inconsapevolmente.