Ananke (opera prima)

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Ananke

titolo originale:

Ananke

cast:

Marco Casolino, Solidea Ruggiero

sceneggiatura:

Claudio Romano, Elisabetta L'Innocente

fotografia:

montaggio:

scenografia:

Federica Rapino

produzione:

Axelotil Film, con il contributo del Ministero della Cultura

paese:

Italia

anno:

2015

formato:

Super 16mm - colore

aspect ratio:

1.85:1

premi e festival:

Ananke nella mitologia greca è la dea che rappresenta la personificazione o potenza del destino. In un presente immaginario l'umanità si sta estinguendo a causa di una terribile pandemia. Una nuova forma di depressione virale induce al suicidio chi la contrae. L'unico modo per sfuggire alla morte è evitare gli esseri umani, fuggire, rimanere soli.
Dopo un lungo peregrinare, un uomo e una donna trovano riparo in una casa isolata fra le montagne, lontani dalla società e dalle metropoli. Sperano di salvarsi adattandosi ad una vita primitiva ed essenziale, priva di nevrosi e contaminazioni tecnologiche.
I protagonisti parlano in francese, una lingua dal bel suono che contrasta con lo sfacelo che si compie attorno a loro.
A far loro compagnia una capra di nome Ananke.
Soli, ignari e in balìa degli eventi, faranno i conti con l'ineluttabile.
La natura veglia su di loro, osservandoli dall'alto.
Tutto scorre, tutto muta, tutto si trasforma.
Per sfuggire alla morte è sufficiente sfuggire all’uomo?

NOTE DI REGIA:
Il perenne senso di precarietà ci ha portati a guardare alla pura fallacità dell'essere umano. Crediamo di essere liberi, ma osiamo poco, poiché l'uomo è pervaso costantemente dal sentimento di ùbris. La tecnologia, la tensione ad accessori velleitari, quali la fama, il successo, il benessere, la ricchezza, spesso ci distolgono da concetti sani e primitivi. La natura veglia e ci sovrasta, non le siamo affatto riconoscenti, ci comportiamo come figli ingrati, senza scorgere mai lo sguardo che proietta su di noi. Il dolore, allora, è atavico ma salvifico, serve a riscoprire la nostra coscienza e la nostra essenza. L’apatia che travolge l’essere contemporaneo porta alla depressione, siamo vittime dell’ineluttabilità della natura, della vita che scorre e che ci dimentichiamo di osservare, di rispettare. Tutto deve essere edulcorato, lenito, soffuso. Sogniamo una dolce morte, ci rifiutiamo di invecchiare, desideriamo essere divini per non sentirci falliti. Tutto ciò che è intorno a noi però è fuori dalla nostra portata, la tecnologia e il progresso sono solo prodotti che soccombono terribilmente ad un’entità superiore semplice, quale è la vita, determinata dal tempo e dalla natura. Ananke pone al centro della propria struttura la visione, il potere ipnotico e fascinatorio delle immagini. Ananke è un initerario intimo nelle difficoltà della vita, nelle atmosfere ostili e rarefatte della natura.