NapolIslam

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NapolIslam

NapolIslam

NapolIslam

titolo originale:

NapolIslam

fotografia:

montaggio:

musica:

Marzouk Mejri, Danilo Marraffino

produttore:

produzione:

paese:

Italia

anno:

2015

durata:

75'

formato:

colore

status:

Pronto (18/02/2015)

premi e festival:

La forza dell’Islam non sta nelle bombe e nel terrorismo, ma nella sua capacità di fare proseliti. I convertiti sono in aumento e il messaggio del Corano è arrivato anche a Napoli, grande porto di mare, aperto e sensibile ai cambiamenti della Storia. Una città dove il miscuglio di cultura e religione produce metamorfosi inattese. Succede così che un bel giorno Napoli si sveglia e si scopre islamica: dietro le barbe lunghe dei giovani e sotto i veli islamici delle ragazze non ci sono più solo arabi, ma napoletani, figli di cattolici, cattolici loro stessi fino a qualche anno prima. I loro nomi adesso sono cambiati: Francesco è diventato Muahammad, Claudia è diventata Zeynab. Anche Napoli è diventata Napolislam. Le sue Chiese esistono ancora, ma perdono fedeli. In altre chiese sconsacrate sorgono delle moschee, come a piazza Mercato. Anche dai movimenti di estrema sinistra,ormai in crisi profonda, ci sono dei fuoriusciti. Salvatore è diventato Muhammad e adesso preferisce Maometto a Che Guevara, perché ha capito che l’unico modo di portare la giustizia nella società è instaurare la sharia. Napolislam sta al centro del Mediterraneo e quando gli arabi ci mettono piede si sentono a casa. Walid è venuto dall’Algeria e ha sposato Alessandra. Adesso Alessandra ha un nome arabo: Amina. Sua madre Francesca non riesce ad accettarlo; quando  Alessandra le mostra come si indossa lo hijab lei rimane contrariata, anche se deve ammettere che adesso quei foulard in testa vanno sempre più di moda. A piazza Mercato, invece, ai costumi islamici ci hanno fatto l’abitudine. Ogni venerdì la strada di fronte alla moschea viene invasa dai tappeti. Sopra, centinaia di uomini scalzi aspettano il sermone dell’Imam Yassin, al secolo Agostino Gentile. Adesso le sue orazioni in perfetto arabo classico sono richieste in tutta la provincia vesuviana, dove le moschee stanno spuntando come funghi. I giocattolai di piazza Mercato, ancora devoti alla Madonna del Carmine, devono ammettere che la religiosità dei musulmani è più forte: per venire alla preghiera lasciano pure il lavoro, come se di lavoro a Napoli ce ne fosse da buttare. Francesco ne sa qualcosa: per trovare un’occupazione sta partendo per Londra. Adesso si chiama Muhammad e nasconde le sue braccia tatuate sotto il qamis, la tunica bianca che portano i musulmani osservanti. Nel suo basso del rione Sanità recita il Corano in arabo, muovendo la sua barba lunga e nera al ritmo di una cantilena melodiosa. Le sorelle, rimaste impressionate da quel cambiamento, adesso pendono dalle sue labbra. Prima Francesco pensava solo alle donne, alle lampade solari e alle scarpe firmate: tutti trucchetti di Satana per farti perdere la retta via, spiega a tavola alla sorella Teresa. Adesso anche lei ha cominciato a leggere il Corano e a fare le preghiere, ma non ha messo il velo perché altrimenti nel quartiere la crederebbero pazza. Lina, l’altra sorella di Francesco, il marito invece lo ha lasciato e si mantiene da sola con la figlia adolescente cucendo nel soggiorno di casa colli di camicie per dieci ore al giorno. Anche lei trova sollievo nel pregare “a faccia a terra”. Perché Islam vuol dire sottomissione a Dio. Una sottomissione che riporta ordine e moralità in una società ingiusta e corrotta dal consumismo, il gioco d’azzardo e i costumi lascivi: Dino Muhammad nel suo negozio di parrucchiere ha la missione di farlo capire a tutte le sue clienti. Sua moglie e i suoi figli lo hanno già seguito nella sua conversione all’Islam. Altra musica per la moglie di Giovanni Yunis.: lei a questo Islam proprio non ci crede. Per la verità non crede neanche più in Dio. Perché se Dio esistesse non permetterebbe di uccidere in nome suo, come hanno fatto i terroristi a Parigi. Ma l’attentato a Charlie Hebdo non c’entra con l’Islam. Vaglielo a spiegare alla gente, pensa Danilo Alì, uno che ha sempre invocato Allah, (non in arabo, ma in dialetto napoletano) per cantarlo nei suoi pezzi hip hop. Spesso va a cercare Dio in un suo posto segreto sotto i piloni della tangenziale di Napoli. Si guarda verso l’alto tra il cielo e il cemento e annota sul taccuino i versi per il suo nuovo brano: pe’ sta a sto munn – scrive – e’ sapé campà, bismillah”. Per stare a questo mondo devi saper vivere, nel nome di Allah. Napolislam è la città di Napoli guardata da un’altra prospettiva: quella dell’islamizzazione dell’Europa, un fenomeno col quale stiamo già facendo i conti. Una telecamera segue i convertiti nelle loro vite; registra i piccoli e grandi scontri di civiltà all’interno delle mura domestiche, i drammi interiori, le confessioni intime. Un mosaico di storie, a volte tragiche, altre comiche, tutte diverse, eppure accomunate dall’esigenza di reagire a una crisi spirituale ed economica che ormai investe l’intera società. Un modo per guardare l’Islam da un’altra prospettiva e chiedersi per quale motivo la religione rivelata da Maometto ci sta lentamente conquistando.